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Scoperta
18 Aprile 2025 - 15:00
Un anno fa, durante le riprese di un documentario naturalistico a Monte Oro, in Ogliastra, tre studiosi hanno dichiarato di aver fatto una scoperta eccezionale: quella che potrebbe essere la prima testimonianza della presenza di un dinosauro in Sardegna. Il fossile, battezzato “Bibi” e identificato come una possibile femmina di dinosauro bipede, avrebbe lasciato la sua impronta in una roccia risalente a circa 165 milioni di anni fa.
I protagonisti del ritrovamento – Antonio Assorgia, Sergio Ginesu e Stefania Sias, docenti delle Università di Cagliari e Sassari – hanno mostrato tre depressioni di forma ovale che, a loro dire, rappresenterebbero l’impronta di un teropode. “Una scoperta senza precedenti sull’isola”, ha dichiarato Ginesu. Secondo il paleontologo Marco Zedda, docente all’Università di Sassari, la creatura potrebbe essere stata un erbivoro lungo tra 120 e 160 centimetri, privo di artigli, e in grado di camminare su due zampe.
Tuttavia, la comunità scientifica resta prudente. Gli esperti sottolineano l’assenza di una pubblicazione ufficiale su rivista accademica e la mancanza di una vera e propria pista di impronte, condizione fondamentale per confermare l’autenticità di una traccia. “Servono almeno due segni consecutivi, o meglio ancora una serie completa”, ha spiegato il paleontologo Daniel Zoboli.
Il mondo accademico isolano si divide. Luigi Sanciu, direttore del polo naturalistico di Masullas, boccia la scoperta: “Quelle formazioni nella roccia sembrano più erosioni superficiali del calcare che vere impronte. Senza dati pubblicati, una conferenza stampa non ha valore scientifico”. Andrea Cau, noto per il suo blog Theropoda, è altrettanto critico: “Non è un’orma di dinosauro. Sembra un caso di pareidolia, l’illusione di vedere forme familiari dove non ci sono”.
In difesa del ritrovamento intervengono gli autori e il sindaco di Baunei. Ginesu ribadisce che la valutazione della scoperta avverrà nelle sedi competenti, mentre il primo cittadino, Stefano Monni, invita alla cautela nei giudizi: “Non si può screditare un lavoro basandosi su una fotografia”.
Anche tra i più ottimisti, però, si riconosce la necessità di ulteriori approfondimenti. Senza una verifica scientifica rigorosa, “Bibi” rimane per ora un’affascinante ipotesi, sospesa tra intuizione e desiderio di scoperta.
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