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Il divieto

Febbre aftosa in Europa, il Regno Unito alza le barriere: stop a carne e formaggi dall’Ue

Sono stati registrati focolai recenti in Germania, Ungheria e Slovacchia

Febbre aftosa in Europa, il Regno Unito alza le barriere: stop a carne e formaggi dall’Ue

Torna l’incubo della febbre aftosa in Europa. Dopo i recenti focolai confermati in Germania, Ungheria e Slovacchia, il Regno Unito corre ai ripari: stop all’introduzione di carni, salumi e formaggi da parte dei viaggiatori provenienti dall’Unione europea. Una decisione drastica, dettata dal timore che il virus – altamente contagioso per bovini, suini e altri animali a zoccolo – possa attraversare le frontiere e innescare un’epidemia simile a quella che, nel 2001, costrinse all’abbattimento oltre sei milioni di capi.

L’ultimo allarme risale al 21 marzo 2025, quando la Slovacchia ha notificato la presenza del virus in allevamenti situati vicino al confine ungherese. Il ceppo rilevato risulta geneticamente identico a quello che, poche settimane prima, aveva colpito una contea dell’Ungheria nord-occidentale. Già all’inizio dell’anno, anche la Germania aveva segnalato un focolaio nel Brandeburgo.

A preoccupare il Regno Unito non è solo la diffusione del virus in sé, ma la sua capacità di sopravvivere a lungo nell’ambiente e di essere trasportato anche in forma indiretta – ad esempio tramite oggetti contaminati o prodotti di origine animale. Per questo motivo il Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali (Defra) ha imposto un divieto severo: i viaggiatori in arrivo dall’Ue non potranno più introdurre nel Paese carne di bovini, suini, ovini e caprini, né prodotti lattiero-caseari, nemmeno se confezionati, acquistati al duty free o destinati al consumo personale.

Il blocco riguarda panini, salumi, formaggi e latte, che, se intercettati alla frontiera, verranno sequestrati e distrutti. Per i trasgressori sono previste sanzioni fino a 5.000 sterline (circa 6.000 euro). Le restrizioni non si applicano ai viaggiatori provenienti da Irlanda del Nord, Jersey, Guernsey e Isola di Man.

Sebbene la febbre aftosa non rappresenti un pericolo diretto per la salute umana – i rarissimi casi segnalati si sono sempre risolti senza complicazioni – il virus è devastante per gli allevamenti. Causa febbre, lesioni ulcerose nella bocca e sugli arti, con una mortalità che può arrivare al 5% nei capi infetti. La facilità con cui si trasmette – attraverso saliva, scolo nasale, latte o persino il vento – impone misure di contenimento rapide e rigide.

Il virus appartiene al genere Aphtovirus e si declina in sette sottotipi diversi. In Italia, l’ultima epidemia risale al 1993, quando il contagio fu probabilmente innescato da bovini infetti provenienti dalla Croazia. Da allora, la sorveglianza è rimasta alta, ma i nuovi casi in Europa impongono un’attenzione ancora maggiore.

L’ombra della crisi del 2001 – con danni stimati in 8 miliardi di sterline – pesa come un monito. E stavolta Londra non vuole correre rischi.

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