Il volto scavato, lo sguardo spento, la pelle grigia: domenica, nella sua ultima apparizione a San Pietro, Papa Francesco aveva già addosso i segni della morte. I medici lo chiamano "facies hippocratica", una condizione che segna in modo inequivocabile l'approssimarsi del decesso. Un volto che non era più solo quello del Pontefice, ma quello della sofferenza estrema, della vita che si ritira. Eppure nessuno, se non forse i più esperti, aveva osato dirlo.
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Dalla finestra dell’Angelus e poi tra la folla in Papamobile, Jorge Mario Bergoglio ha salutato il mondo con una dolcezza e una fragilità che oggi assumono un significato drammatico. Il giorno dopo, all’alba del lunedì dell’Angelo, un ictus lo ha colpito nel sonno. Il referto ufficiale del dottor Andrea Arcangeli, medico personale del Pontefice, parla chiaro: "Ictus cerebrale, coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile". Un decesso fulmineo, indolore, che ha lasciato sgomenti i collaboratori e milioni di fedeli.
Ma davvero non si poteva intuire? La facies hippocratica, ricorda Rizzoli, compare in situazioni cliniche gravissime: peritonite, scompensi cardiaci o respiratori, emorragie interne. È l'ultimo allarme del corpo prima della fine. E se anche il Papa si fosse trovato in una rianimazione d’eccellenza, non si sarebbe potuto fare nulla.
Lo ha detto chiaramente anche l’infettivologo
Matteo Bassetti. Commentando via social l’immagine del
Pontefice durante la benedizione
Urbi et Orbi di domenica 20 aprile, vigilia del decesso avvenuto alle 7.35 di lunedì 21, il primario dell’
IRCCS ospedale policlinico San Martino di Genova ha scritto:
“Guardate bene quel volto scavato, occhi scavati, naso assottigliato, colore grigio. Ecco, questo è il volto che noi medici vediamo molto frequentemente poche ore prima della morte, 24-48 ore prima”.
Un
mistero resta però ancora aperto: quella
macchia scura sul volto, visibile nella parte inferiore sinistra della guancia e del mento.
Ematoma? Trauma? Esito dell’ictus stesso? La neurologa
Sabrina Anticoli ipotizza una caduta causata da emiplegia improvvisa al risveglio. Un evento plausibile in un paziente tanto fragile e con una recente storia di
polmonite bilaterale e
scompenso cardiaco. Una condizione che – aggiunge – moltiplica il rischio di ictus, aumentando la vulnerabilità del sistema vascolare.
La scienza, come sempre, cerca risposte. Ma c’è qualcosa che le analisi non potranno restituirci: la struggente verità di un uomo che ha guidato la Chiesa con il peso degli anni e la forza del cuore. E che, forse, ha scelto di mostrarsi così, fragile e mortale, per accompagnarci – ancora una volta – con umiltà. Anche nel mistero più grande: la morte.