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Cinema e memoria
24 Aprile 2025 - 12:00
Quando la Storia viene dimenticata, spesso è l’arte a riportarla alla luce. E tra le arti, il cinema è forse quella che più riesce a unire emozione e coscienza, immaginazione e verità. Per oltre un secolo, il genocidio armeno — avvenuto nel 1915 per mano dell’Impero Ottomano — è stato negato, silenziato, ignorato. Ma il grande schermo ha offerto, nel tempo, uno spazio in cui le storie dei sopravvissuti, delle famiglie, delle comunità in diaspora hanno potuto trovare voce, immagini, riconoscimento.
Fu il primo. E fu sconvolgente. Ravished Armenia — noto anche come Auction of Souls — è un film muto del 1919, tratto dal libro-testimonianza in cui Aurora Mardiganian, sopravvissuta al genocidio, interpreta sé stessa. Racconta le torture, le marce forzate, la schiavitù. Fu prodotto per raccogliere fondi per gli orfani armeni. Molte sue scene andarono perdute, ma quelle rimaste rappresentano la prima denuncia cinematografica di un genocidio nella storia.
Diretto da Henri Verneuil, figlio di profughi armeni, Mayrig è un omaggio struggente alla figura materna e alla forza della memoria familiare. Ambientato nella Francia del dopoguerra, il film racconta la vita di una famiglia armena sopravvissuta alle deportazioni, rifugiata a Marsiglia. Con Omar Sharif e Claudia Cardinale, è una storia di resilienza silenziosa, fatta di piccoli gesti e amore instancabile.
Ararat, di Atom Egoyan, è forse il film più complesso e ambizioso sul tema. Con il cantautore franco-armeno Charles Aznavour e l'attore Eric Bogosian, non racconta solo il genocidio: racconta il modo in cui il genocidio viene raccontato. Dentro un film nel film, personaggi e spettatori si interrogano sulla verità, sulla memoria, sull’identità. Fu censurato in Turchia e duramente attaccato da ambienti negazionisti. Ma resta una pietra miliare.
Tratto dal romanzo di Antonia Arslan e diretto dai fratelli Taviani, La masseria delle allodole mette in scena una famiglia armena dell’Impero Ottomano all’alba della tragedia. Con delicatezza lirica e immagini potenti, i Taviani raccontano la frattura che il genocidio apre tra fratelli, tra culture, tra vite normali spezzate dalla violenza. Un film necessario, anche se discusso per alcune scelte narrative.
Regia di Fatih Akin, regista tedesco di origine turca, The Cut è un film epico, visivamente potente, quasi muto. Narra la storia di un padre che, dopo aver perso la voce, attraversa continenti alla ricerca delle figlie scomparse durante le deportazioni. È un viaggio nel dolore, ma anche nell’umanità. Akin, con questo film, ha sfidato apertamente il tabù turco sul genocidio.
Con Oscar Isaac, Christian Bale e Charlotte Le Bon, The Promise è il primo kolossal hollywoodiano a raccontare il genocidio armeno. Ambientato negli ultimi anni dell’Impero Ottomano, fonde una storia d’amore drammatica con la tragedia storica. Il film fu oggetto di boicottaggi e campagne di discredito ancora prima dell’uscita, ma ha riportato il tema al centro dell’attenzione mediatica globale, aprendo nuove discussioni sulla memoria.
Girato dietro le quinte di The Promise, il documentario Intent to Destroy di Joe Berlinger va oltre il set: racconta le pressioni politiche, i tentativi di censura, la fatica di nominare il genocidio in ambito hollywoodiano. È anche un viaggio storico, con materiali d’archivio e testimonianze, che mostra come la negazione sia ancora attiva, e come il cinema possa essere uno strumento per combatterla.
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