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Curiosità

L’arte di accumulare libri: tra passione, ossessione e desiderio di infinito

Dallo "Tsundoku" giapponese alla "bibliomania clinica": perché compriamo più libri di quanti riusciamo a leggere?

L’arte di accumulare libri: tra passione, ossessione e desiderio di infinito

È molto più comune di quanto si immagini – sia a livello globale che in Italia – l’abitudine di comprare libri e lasciarli lì, in attesa di essere letti. Quella che spesso viene liquidata con una battuta o trasformata in meme sui social è in realtà una tendenza diffusa, quasi compulsiva: molte persone accumulano libri senza riuscire a star dietro alle letture.

Si riempiono scaffali, comodini, mensole e scrivanie con volumi nuovi di zecca. Si continua ad acquistare, anche se la casa è già piena di titoli ancora intonsi. È un ciclo che sembra ripetersi all’infinito: si entra in libreria, si resta colpiti da una copertina o da un titolo accattivante e si finisce per portare a casa l’ennesimo libro. Altri, invece, seguono con attenzione le uscite editoriali e non resistono a cliccare su “acquista” appena scoprono un nuovo titolo intrigante.

Alcuni si lasciano sedurre casualmente dall’aroma della carta stampata, magari durante una passeggiata, e finiscono per comprare senza premeditazione. Altri ancora non leggono neppure ciò che comprano, ma sono attratti dall’idea di possedere volumi, di collezionarli, soprattutto se sono edizioni rare o di pregio.

Le ragioni che spingono a questo comportamento sono molteplici, ma l’esito è spesso lo stesso: scaffali pieni di libri ancora da iniziare, che occupano spazio e raccolgono polvere. Alcuni restano lì per mesi, addirittura anni, con buona pace di chi promuove un approccio minimalista agli oggetti della vita quotidiana.

Il pericolo è evidente: si continua a comprare libri nuovi mentre quelli già acquistati vengono dimenticati, nonostante al momento dell’acquisto sembrassero promettenti.

In certi casi, questa passione si trasforma in vera e propria ossessione. La bibliomania, riconosciuta come disturbo ossessivo-compulsivo, spinge alcune persone ad acquistare compulsivamente libri che non hanno intenzione di leggere. Ciò che importa per loro non è il contenuto, ma il semplice fatto di possedere il libro. Spesso comprano più copie dello stesso titolo e l’accumulo diventa fine a se stesso, compromettendo anche la qualità della vita e delle relazioni personali. In questi casi, sono necessari interventi terapeutici specifici.

Diverso è invece il caso del bibliofilo, termine che deriva dal greco e indica chi ama profondamente i libri. Il bibliofilo tende sì ad accumulare, ma con l’intenzione reale di leggere ciò che possiede. Spinto da un desiderio autentico di conoscenza, spesso colleziona edizioni speciali, rare o firmate, dando grande valore anche all’oggetto libro nella sua dimensione estetica e tattile. Per lui, la libreria è un luogo sacro, non certo uno sfondo beige per interni alla moda.

C’è poi un’altra forma di accumulo, più comune e culturalmente accettata, conosciuta in Giappone come Tsundoku. Il termine, nato nell’Ottocento, unisce i concetti di accumulare, leggere e mettere da parte. Descrive esattamente l’abitudine di comprare libri con l’intenzione di leggerli, ma poi lasciarli in sospeso per lungo tempo, attratti da nuove pubblicazioni che intanto catturano l’attenzione.

Chi pratica Tsundoku, ad esempio, può acquistare dieci libri, iniziarne uno e accantonare gli altri nove. Prima ancora di finirlo, magari ne compra altri quattro, dei quali solo uno verrà letto a breve. Gli altri finiranno nella cosiddetta “pila della vergogna”, insieme a tutti quelli già dimenticati.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, lo Tsundoku non è visto come una cattiva abitudine. Anzi, è un tratto distintivo dei cosiddetti “lettori forti”, cioè di coloro che leggono almeno 12 libri all’anno – in Italia solo il 15,2% della popolazione nel 2022. Per il mercato editoriale, la loro presenza è fondamentale.

E c’è di più: acquistare libri fa bene all’umore. Diverse ricerche hanno dimostrato che lo shopping, anche se non porta a un utilizzo immediato dell’oggetto, genera una soddisfazione mentale. Se poi si tratta di libri, c’è un valore aggiunto: il senso di possibilità, di scoperta imminente.

Lo scrittore Alfred Edward Newton, che si definiva bibliofilo, diceva che “anche quando non si leggono, i libri offrono una sorta di gioia mistica: comprarne più di quanti se ne possano leggere è un modo per l’anima di toccare l’infinito”. E in effetti, sapere di avere a portata di mano un universo di storie e conoscenze, anche solo osservando la propria libreria, può essere una fonte di conforto e bellezza.

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