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Lavoro
02 Maggio 2025 - 20:55
L’intelligenza artificiale sta trasformando il lavoro in tutto il mondo, ma l’Italia resta ferma ai blocchi di partenza. Mentre la Germania sfiora il 20% e la media europea si attesta al 13,5%, solo l’8,2% delle imprese italiane ha integrato strumenti di AI nei propri processi. Un dato che fotografa un ritardo preoccupante in un contesto globale sempre più competitivo.
La prima barriera si chiama paura: timore di perdere il posto, preoccupazioni per la privacy, dubbi su copyright e proprietà intellettuale. Una vera e propria AI anxiety che blocca aziende e lavoratori, spesso disorientati di fronte a uno strumento potente ma non immediato. L’intelligenza artificiale, ialnfatti, non si scarica come una semplice app. Per essere davvero utile, va compresa, integrata e sfruttata in modo consapevole.
E qui si apre il secondo grande fronte: quello delle competenze. L’Italia sconta un pesante deficit nella formazione digitale. Senza gli strumenti giusti, l’AI rischia di restare una promessa incompiuta.
Secondo il Censis, i più propensi a sperimentare l’intelligenza artificiale sono i giovani sotto i 34 anni. Ma attenzione: il livello di utilizzo varia significativamente in base alla formazione. I diplomati usano l’AI soprattutto per scrivere e-mail o messaggi brevi. I laureati, invece, osano di più: la sfruttano per redigere curriculum, generare testi strutturati, costruire report. Un divario che evidenzia come l’alfabetizzazione digitale sia ancora disomogenea anche tra le nuove generazioni.
Nel panorama italiano, è il settore dell’informazione e comunicazione a guidare l’adozione dell’intelligenza artificiale, con un incoraggiante 34,6%. Ma anche qui il confronto con l’Europa è impietoso: la media UE è del 48,7%. In comparti come il real estate o l’amministrazione aziendale, l’AI è praticamente assente, lasciando un vuoto competitivo che si allarga ogni giorno.
La soluzione ha un nome semplice: formazione. Per fortuna, sono sempre di più i corsi – anche gratuiti – che puntano a colmare il gap. Perché se è vero che l’AI rappresenta il futuro del lavoro, è altrettanto vero che non basta temerla o idolatrarla: bisogna imparare a usarla. Solo così l’Italia potrà smettere di inseguire e iniziare davvero a competere.
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