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Perché agli autistici piacciono così tanto le bandiere? Una chiave per capire di più

Esplorando la vessillologia nelle persone con neurodivergenza

Perché agli autistici piacciono così tanto le bandiere? Una chiave per capire di più

Sheldon Cooper lo aveva mostrato per primo, ma è un qualcosa che c'è sempre stato ma che non sapeva come esprimere a parole se non attraverso "Fun with Flags"lo show incentrato sulla vessillologia, la scienza delle bandiere: colori, forme, simboli, storie. Per il pubblico, uno sketch comico; per Sheldon, una cosa serissima. E per chi conosce da vicino il mondo dell’autismo, anche qualcosa di profondamente familiare.

Non è un mistero che molti fan abbiano visto in Sheldon una rappresentazione — seppur non dichiarata — di un profilo autistico ad alto funzionamento. E quella passione per le bandiere, tanto specifica quanto assorbente, è tutt’altro che una trovata stravagante degli sceneggiatori. Al contrario, riflette con sorprendente accuratezza una tendenza reale e significativa osservata in molte persone nello spettro: l’interesse profondo e duraturo per le bandiere delle nazioni.

Perché proprio le bandiere?

La risposta sta in parte nel modo in cui funziona la percezione autistica. Le persone nello spettro, infatti, tendono a cogliere i dettagli, a cercare schemi visivi chiari e a preferire sistemi codificati, strutturati e coerenti. Le bandiere, da questo punto di vista, sono una sorta di linguaggio perfetto: ogni vessillo è composto da forme geometriche semplici, colori netti, ripetizioni ordinare, e ogni variazione è carica di significato.

Per una mente che trova conforto nell’ordine e chiarezza nelle regole, le bandiere sono molto più che simboli patriottici: sono oggetti logici, affascinanti nella loro precisione e nella loro funzione di rappresentare, visivamente, concetti come identità, storia e geopolitica.

Un interesse speciale, non un’ossessione

Nel parlare comune si tende a definire queste passioni “ossessioni”, ma è un termine impreciso. Nel linguaggio più corretto della neurodivergenza si parla di interessi speciali: aree di interesse profondo, coltivate con intensità, competenza e amore. Per molte persone autistiche, questi interessi sono una forma di espressione, una fonte di benessere emotivo, una strategia per regolare l’ansia, e a volte anche una porta verso relazioni sociali più stabili.

L’interesse per le bandiere porta spesso con sé una conoscenza ampia di stati, capitali, lingue, sistemi politici e eventi storici. Non è raro che bambini e ragazzi autistici sappiano disegnare decine di bandiere a memoria, o sappiano identificare ogni nazione da un solo colore o dettaglio grafico. Una capacità che, in un ambiente scolastico o familiare inclusivo, può diventare una risorsa educativa e persino professionale.

Dare valore, non vergogna

C’è infine una riflessione culturale che vale la pena fare: in una società che esalta le passioni “utili” o “redditizie”, c’è il rischio di sminuire quegli interessi che non si traducono subito in profitto o status. Ma per le persone autistiche, quello che conta non è la funzione, bensì la connessione profonda che si crea con un tema. Le bandiere non sono solo oggetti di studio, ma ponti verso la comprensione del mondo.

Accogliere questi interessi non significa assegnare etichette o forzare integrazioni artificiali, ma riconoscere la dignità dell’unicità, valorizzare le passioni e lasciar spazio alla bellezza di una mente che vede il mondo in modo diverso — e a volte, molto più preciso di quanto immaginiamo.

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