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05 Maggio 2025 - 22:22
Foto di repertorio
Inizia come una follia autodistruttiva e finisce in laboratorio, tra provette e speranze: la storia di Tim Friede, ex meccanico del Wisconsin, ha dell’incredibile. Per 18 anni ha sfidato la morte facendosi mordere o iniettando deliberatamente il veleno dei serpenti più letali del pianeta — dal mamba nero al cobra egiziano, passando per il taipan australiano. Obiettivo? Costruirsi una super immunità. Oggi, grazie a quel corpo messo alla prova quasi mille volte, la scienza è a un passo da un antidoto “universale” contro i veleni dei serpenti elapidi, considerati tra i più pericolosi in assoluto.
856 esposizioni al veleno, molte delle quali potenzialmente fatali. Eppure Tim è sopravvissuto, alimentato da una passione per i rettili e da una volontà incrollabile. I suoi esperimenti autodidatti — documentati su YouTube e sconsigliati a chiunque — lo hanno reso un’anomalia immunologica. Il suo sangue, carico di anticorpi neutralizzanti, ha attirato l’attenzione di due nomi di peso: l’immunologo Jacob Glanville (società Centivax) e il professor Peter Kwong della Columbia University, che hanno deciso di studiarlo per tentare l’impossibile: isolare gli anticorpi utili a contrastare i veleni più letali.
Ancora oggi, gli antidoti contro i morsi dei serpenti si ottengono iniettando il veleno in cavalli o pecore, ma il risultato è un siero specifico e potenzialmente allergenico. Tim Friede, invece, ha prodotto una risposta immunitaria capace di fronteggiare i morsi di 19 specie di serpenti elapidi, tra cui quelli più pericolosi al mondo.
Dalle sue cellule B di memoria i ricercatori hanno estratto due anticorpi promettenti: LNX-D09, che ha protetto completamente i topi da sei specie (nove con l’aggiunta del farmaco varespladib), e SNX-B03, con effetto parziale su 19 specie. La combinazione ha generato il primo antidoto sperimentale ad ampio spettro, in grado di proteggere pienamente contro 13 specie e parzialmente contro tutte le altre analizzate — tutte classificate dall’OMS nelle categorie 1 e 2, cioè le più letali.
Dopo le zanzare, i serpenti sono gli animali che uccidono di più al mondo, da qui l'urgenza di un siero rapido, efficace e universale, che non richieda diagnosi specie-specifiche. Ed è per questo che il caso clinico estremo di Tim Friede sta diventando una chiave scientifica: una storia ai limiti della sopravvivenza che potrebbe salvare migliaia di vite.
Il team di ricerca — formato da Centivax, Columbia University, il NIH e il Vaccine Research Center — ha già programmato i primi test clinici in cliniche veterinarie australiane, su cani morsi da serpenti. Solo dopo si passerà alla sperimentazione sull’uomo. Parallelamente, sono in corso studi per estendere la copertura anche ai viperidi, esclusi dalla prima fase.
I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Cell, aprono scenari inediti: la possibilità concreta di un farmaco salvavita contro decine di specie velenose, ricavato dal corpo di un uomo che ha osato spingersi dove nessuno aveva mai pensato di arrivare.
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