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Intelligenza Artificiale e Scuola
06 Maggio 2025 - 19:55
Da molto tempo c'è un dibattito su cui molti genitori (e non) si trovano divisi: la tecnologia è un pericolo o uno strumento per i bambini? Dare nelle mani dei figli i dispositivi elettronici come telefoni e iPad ormai sembra essere diventata la nuova realtà, anche nell'educazione, ormai non basta più conoscere le basi dell'uso del computer. E adesso, Google vuole fare un ulteriore passo verso l'utilizzo delle sue funzionalità anche per i piccoli: infatti Google ha annunciato che consentirà ai bambini sotto i 13 anni di utilizzare Gemini, il suo chatbot basato sull'intelligenza artificiale.
Una notizia del genere dovrebbe far partire dei nuovi campanelli d'allarme ma Google precisa: l'utilizzo sarà consentito a condizione che i genitori utilizzino Family link, il servizio di parental control dell'azienda.
Secondo quanto riportato dal New York Times, Google ha avviato una fase di comunicazione preliminare con alcuni genitori, annunciando via email l’imminente introduzione delle app Gemini per i più giovani. Il messaggio spiega che i bambini potranno utilizzare l’intelligenza artificiale per porre domande, ricevere assistenza nei compiti scolastici e cimentarsi nella creazione di racconti.
La comunicazione precisa che i minori potranno interagire direttamente con il chatbot, ma evidenzia anche che i genitori verranno avvisati al primo accesso del figlio alla piattaforma. In quel momento, avranno la possibilità di configurare le impostazioni di utilizzo o, se lo riterranno opportuno, disattivare completamente il servizio.
Google ammette apertamente i limiti della propria tecnologia e invita le famiglie a un approccio critico: i genitori sono incoraggiati a supportare i figli nello sviluppo di capacità di analisi e nella valutazione delle risposte generate dall’AI. L’azienda sottolinea infine che Gemini, pur adottando uno stile comunicativo simile a quello umano, non possiede coscienza né emozioni, e mette in guardia sull’importanza di non condividere dati sensibili durante l’utilizzo dello strumento.
Google ha anche assicurato che i dati relativi agli utenti più giovani non verranno impiegati per l’addestramento dei suoi modelli di intelligenza artificiale e che sono state introdotte misure dedicate alla protezione della privacy e della sicurezza dei minori. Tuttavia, l’azienda avverte che l’interazione con Gemini potrebbe comunque esporre i bambini a contenuti non sempre adatti, lasciando aperto il tema della supervisione.
L’apertura all’utenza under 13 rappresenta un nuovo tassello nella strategia di espansione di Google nel settore dell’AI generativa. Estendendo l’accesso ai propri strumenti anche ai più giovani, l’azienda mira a rafforzare la propria presenza in un mercato in rapida evoluzione, dove la competizione tra le big tech per il controllo dell’innovazione si fa sempre più serrata.
La scelta però non è rimasta priva di controversie. Diversi esperti hanno sollevato perplessità rispetto ai possibili effetti di un'esposizione precoce e non regolamentata a questi strumenti, in particolare sul piano della salute mentale dei minori. In questo contesto, un’analisi condotta dall’Unicef sottolinea come l’intelligenza artificiale generativa sia destinata a occupare un ruolo centrale nella vita digitale dei bambini, offrendo opportunità ma anche rischi significativi. Secondo l’organizzazione, i contenuti prodotti dall’AI possono risultare ingannevoli o dannosi, e la situazione richiede una risposta coordinata da parte di decisori politici, aziende tecnologiche e realtà che operano per la tutela dei minori.
Preoccupazioni simili emergono anche da una recente ricerca dell’Università di Oxford, che evidenzia i potenziali effetti negativi degli strumenti di AI progettati per simulare il comportamento umano. Il report mette in luce il rischio che queste tecnologie, soprattutto quelle in grado di generare contenuti realistici o emulare processi cognitivi, possano avere un impatto più destabilizzante rispetto a quello già documentato dei social media.
Nonostante la carenza di dati globali sull’adozione dell’AI generativa tra i più giovani, le prime indagini rivelano una diffusione crescente. Un sondaggio promosso da Common Sense Media ha rilevato che negli Stati Uniti oltre la metà degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni ha già utilizzato ChatGPT, spesso senza la consapevolezza di genitori o insegnanti. Una tendenza che evidenzia l’urgenza di un quadro normativo più chiaro e di strategie educative aggiornate per affrontare un cambiamento ormai in atto.
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