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Reati contro la PA fuori dal limite delle intercettazioni: le Procure si appellano alla legge Orlando

La norma del 2017 non abrogata: secondo l’ANM va applicata al pari delle misure per mafia e terrorismo. Scontro aperto con la riforma Nordio

Reati contro la PA fuori dal limite delle intercettazioni: le Procure si appellano alla legge Orlando

Nonostante la riforma Nordio sia ormai legge, il dibattito sui limiti alle intercettazioni per determinati reati è tutt’altro che chiuso. La norma che impone un tetto massimo di 15 giorni, prorogabile fino a 45, continua infatti a far discutere procure e uffici di polizia giudiziaria, che rivendicano l’applicabilità di un doppio binario per i reati contro la Pubblica amministrazione. Un’interpretazione che si fonda sul fatto che la nuova legge, la n. 47 del 31 marzo 2024 (entrata in vigore il 24 aprile) non ha formalmente abrogato alcune disposizioni precedenti, in particolare l’articolo 6 del decreto legislativo 216/2017 firmato da Andrea Orlando.

Secondo questa lettura, condivisa anche dall’Associazione nazionale magistrati (ANM), le intercettazioni già prorogate oltre il 45° giorno prima dell’entrata in vigore della legge restano valide. Inoltre per reati come peculato, corruzione e concussione, il limite massimo di 45 giorni non sarebbe applicabile, assimilando tali delitti alla criminalità organizzata e al terrorismo. Lo si legge in diverse linee guida interpretative trasmesse alle forze di polizia giudiziaria da varie Procure della Repubblica.

Il presidente dell’ANM Cesare Parodi ha ribadito questa posizione all’uscita da un incontro con alcuni gruppi parlamentari alla Camera: «Abbiamo idee diverse, ma il confronto è stato civile. Ognuno resta sulle proprie posizioni». Il confronto politico resta acceso anche in vista della discussione in Parlamento dei quasi duemila emendamenti al disegno di legge per la conversione del decreto Sicurezza, tra cui figura una proposta di Forza Italia per chiarire le norme interpretative sulle intercettazioni nei reati contro la pubblica amministrazione.

A rafforzare questa lettura arriva anche una nota della Direzione distrettuale antimafia di Messina che richiama esplicitamente l’articolo 13 del decreto legge 152/1991. Tale norma equipara ai reati di mafia e terrorismo anche quelli commessi da pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, puniti con una reclusione non inferiore, nel massimo, a cinque anni. In questi casi, il regime delle intercettazioni prevede una durata iniziale di 40 giorni con possibilità di proroga senza limiti rigidi rinnovabile di 20 giorni in 20 giorni.

Questo sistema estensivo, attualmente valido per criminalità organizzata, sequestro di persona, minacce telefoniche, terrorismo e reati informatici su infrastrutture strategiche, potrebbe presto essere esteso anche ai reati di violenza domestica e di genere oltre al cosiddetto revenge porn. È questa l’intenzione espressa da ambienti vicini al governo.

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