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L'intelligenza artificiale beve più acqua di te, ecco i consumi che mettono a rischio l'ambiente

L’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale richiede miliardi di litri d’acqua

L'intelligenza artificiale beve più acqua di te, ecco i consumi che mettono a rischio l'ambiente

Quando si pensa all'intelligenza artificiale, difficilmente si riesce a pensare a beni primari come l'acqua. Sì, perché dietro la rivoluzione digitale si nasconde un problema sempre più evidente: il consumo idrico necessario per alimentare e raffreddare i sistemi che rendono possibile il mondo connesso. Il tema è emerso con forza durante l’ultimo Digital Sustainability Day, organizzato dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale, dove esperti del settore hanno acceso i riflettori su un aspetto spesso ignorato del progresso tecnologico: la sete dell’intelligenza artificiale.

A lanciare l’allarme è stato Marco Barra Caracciolo, presidente e AD di Bludigit, società del gruppo Italgas: nei prossimi anni, per addestrare tutti i sistemi di intelligenza artificiale generativa, saranno necessari circa 6 miliardi di litri d’acqua. Una cifra enorme, che corrisponde al consumo annuo di acqua di decine di migliaia di famiglie.

L’acqua serve a raffreddare i data center, giganteschi complessi industriali dove si trovano i server che gestiscono i nostri dati e i calcoli dei modelli di IA. Quando queste macchine lavorano a pieno ritmo – soprattutto durante le fasi di addestramento di modelli linguistici e predittivi – producono calore che deve essere dissipato. Ed è proprio qui che entra in gioco l’acqua, usata nei sistemi di raffreddamento per garantire il corretto funzionamento delle infrastrutture digitali. L’impatto è ancora più critico in un Paese come l’Italia, dove la rete idrica perde circa il 50% dell’acqua potabile e la siccità è diventata un problema strutturale, in particolare al Sud. “In un contesto come questo, l’uso dell’acqua per alimentare il digitale impone una riflessione sulla reale sostenibilità di questo modello di sviluppo”, spiega Stefano Epifani, presidente della Fondazione.

Il settore agricolo, che è il maggiore consumatore d’acqua, guarda con preoccupazione alla riduzione delle risorse disponibili. Eppure, è proprio qui che la tecnologia potrebbe fare la differenza. L’adozione di sensori e sistemi intelligenti per l’irrigazione, ad esempio, potrebbe ridurre del 50% il consumo d’acqua nei campi, garantendo efficienza e risparmio. “La sostenibilità digitale – dice Epifani – non significa solo calcolare le emissioni o i litri d’acqua consumati da un sistema. Significa anche valutare quanto risparmio quella stessa tecnologia può generare altrove, in termini di energia, risorse e tempo”.

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