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14 Maggio 2025 - 21:40
Un’analisi condotta da un team dell’Università di Washington su 178 scatolette di salmone pescate tra il 1979 e il 2021 ha rivelato la presenza significativa di parassiti marini, ma senza alcun rischio per i consumatori. Secondo la ricercatrice Natalie Mastick, post-dottorato alla Yale University, i parassiti individuati nelle scatolette di salmone sono stati uccisi durante il trattamento termico, rendendoli innocui per l’uomo. Tuttavia, la loro presenza rappresenta un indicatore positivo: dimostra che il salmone proviene da un ecosistema marino complesso e in salute.
I ricercatori hanno concentrato lo studio su quattro specie di salmone pescate nel Golfo dell’Alaska e nella Baia di Bristol, individuando una crescita nel numero di anisakidi, piccoli vermi della famiglia Anisakidae. Il dato più rilevante riguarda il salmone keta (Oncorhynchus keta) e il salmone rosa (Oncorhynchus gorbuscha), dove il numero di parassiti per grammo è cresciuto nel tempo. Diversamente, nel salmone argentato (Oncorhynchus kisutch) e nel salmone rosso (Oncorhynchus nerka), la quantità è rimasta invariata.
Secondo Mastick, questo fenomeno indica che gli anisakidi sono riusciti a trovare i loro ospiti e a riprodursi, confermando la buona salute del ciclo biologico marino. Questi parassiti hanno un ciclo vitale complesso, che dipende da una catena alimentare ben funzionante. Le loro uova si schiudono in acqua, vengono ingerite dal krill, che a sua volta viene mangiato da pesci più grandi, fino a raggiungere i mammiferi marini, dove avviene la riproduzione.
I ricercatori chiariscono che gli anisakidi non riescono a completare il loro ciclo vitale nell’uomo. Tuttavia, se ingerite crude, le loro larve possono causare anisakidosi, un’infezione gastrointestinale. Benché la presenza di parassiti nel salmone possa suscitare preoccupazioni, il dato più significativo emerso dalla ricerca è la conferma di un ambiente marino attivo e complesso, segnale positivo per la biodiversità oceanica.
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