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Difesa, l’Italia ‘centra’ il 2% del PIL: tra realtà contabile e diplomazia internazionale

Tajani rassicura gli alleati sul fronte NATO, ma il traguardo è frutto di manovre contabili. Cresce il divario tra spesa dichiarata e capacità effettiva

Difesa, l’Italia ‘centra’ il 2% del PIL: tra realtà contabile e diplomazia internazionale

Ieri l’Italia ha raggiunto il 2% del Pil per la spesa in difesa e sicurezza”, ha dichiarato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, al vertice informale della NATO in corso ad Antalya, in Turchia. Una notizia che Giorgia Meloni avrebbe voluto ufficializzare a giugno, durante il summit dell’Alleanza all’Aja. Ma Tajani ha bruciato le tappe, svelando che Roma ha già trasmesso al segretario generale Mark Rutte il documento che attesta il risultato.

Raggiungere l’obiettivo del 2% è una richiesta che gli Stati membri della NATO si trascinano dal vertice in Galles del 2014. Un impegno che per anni l’Italia ha faticato a rispettare, oscillando intorno all’1,4%. Improvvisamente, però, il sorpasso arriva. Come? Il sospetto – che appare più di una semplice illazione – è che il governo abbia modificato i criteri di conteggio, inserendo voci di spesa già esistenti ma finora escluse dalla contabilità militare.

Pensioni militari, Guardia di Finanza, Guardia Costiera: sono queste le poste che sembrano essere entrate nel computo, sulla base della linea suggerita dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Una strategia di “riclassificazione” che, seppur non esplicitamente illegale, appare come una forzatura rispetto ai criteri restrittivi indicati dalla NATO. Tanto che in passato, manovre simili erano state respinte al mittente.

Come ricorda l’osservatorio Milex, infatti, possono essere conteggiate come spese militari solo quelle realmente legate a unità addestrate, equipaggiate e pronte ad agire in scenari operativi, anche fuori dai confini nazionali. 

È un messaggio chiaro e importante per i nostri amici della NATO, così come per gli Stati Uniti: siamo pronti a fare di più per la nostra sicurezza nei prossimi anni”, ha detto. Ma, nel suo discorso, Tajani ha anche spostato il focus dal concetto stretto di “difesa” a quello, più largo, di “sicurezza”. Parla infatti di cyberdifesa, di protezione contro il terrorismo, di infrastrutture sociali. Un’estensione semantica che suona quasi come una giustificazione preventiva: se il 2% non è tutto armamenti, è anche welfare protettivo, resilienza tecnologica, cyberspace.

Nel frattempo, gli Stati Uniti – con Trump e il suo entourage – alzano la posta. Alla NATO, dicono, bisogna puntare al 5% del PIL. Una soglia che, se presa sul serio, costringerebbe l’Italia a rivoluzionare i suoi bilanci. 

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