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Sicurezza
15 Maggio 2025 - 14:35
Il Vaticano, per quanto spiritualmente solido, digitalmente scricchiola. Lo conferma il Global Cybersecurity Index, che colloca la Santa Sede nelle ultime tre posizioni al mondo per protezione informatica, insieme a paesi come Yemen e Timor Est. “Una situazione preoccupante, perché il Vaticano non è solo un simbolo religioso: è un colosso diplomatico e finanziario, con informazioni sensibili di portata globale”, avverte Joe Shenouda, ingegnere informatico e CISO (Chief Information Security Officer) indipendente, in collegamento da Amsterdam.
Nel 2020, durante la pandemia, gli asset digitali della Santa Sede subirono un attacco senza precedenti, con perdita massiccia di dati. Da allora, racconta Shenouda, le minacce sono solo aumentate. Così, nel 2022, partendo da un semplice post su LinkedIn, ha fondato i Vatican Cybervolunteers, una rete di circa 90 esperti di sicurezza informatica provenienti da USA, Italia, Spagna e Paesi Bassi. Un gruppo eterogeneo e non ufficiale, che dedica volontariamente parte del proprio tempo – un pomeriggio a settimana – per difendere il Vaticano nel cyberspazio.
I volontari si comportano come una task force digitale: scansionano siti, router, email e sistemi della Santa Sede, segnalano le vulnerabilità e seguono la risoluzione dei problemi. “Funzioniamo come un antivirus umano”, racconta Shenouda. “Non siamo legati formalmente al Vaticano, ma lavoriamo a stretto contatto con alcuni dipendenti, anche se non ai vertici. Quando segnaliamo un problema, nove volte su dieci viene risolto nel giro di pochi giorni”. Tra i membri del gruppo anche un esperto italiano, Pawel Zorzan, di Casale Monferrato.
Il vero problema, secondo Shenouda, è l'assenza di una struttura interna dedicata alla sicurezza informatica. Nel 2019, il Vaticano ha nominato Gianluca Gauzzi Broccoletti alla guida della sicurezza, ma il suo incarico copre anche l’incolumità personale dei prelati e altri aspetti logistici.
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