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Storia
19 Maggio 2025 - 11:40
Strada con insulae a Ostia antica, foto di iessi, su Flickr
Nell’antica Roma non tutti vivevano nelle celebri domus. Anzi, la stragrande maggioranza degli abitanti, oltre un milione in epoca imperiale, abitava in insulae, edifici su più piani simili ai moderni condomini, dove si affittavano appartamenti di varie dimensioni.
Le insulae si sviluppavano anche su cinque livelli e ospitavano botteghe al piano terra, affacciate sulla strada. Gli spazi interni erano spesso sovraffollati, con strutture in legno soggette a crolli e incendi. Le condizioni igieniche non erano ottimali, ma rappresentavano la soluzione abitativa più diffusa tra le classi popolari.
Solo i più ricchi potevano permettersi le domus: abitazioni sviluppate in orizzontale, con atri, giardini, affreschi e mosaici. Alcuni possedevano anche ville extraurbane per l’otium e rustiche per le attività agricole. I più fortunati arricchivano le loro proprietà con horti, sontuosi giardini collinari con piante esotiche e collezioni d’arte.
Anche nell’arredamento emergevano differenze sociali: dai busti celebrativi ai calchi funerari, fino ai tintinnabuli contro il malocchio. Ma ciò che colpisce è come la Roma imperiale fosse già una città verticalizzata, segnata da affitti, coabitazioni forzate e stratificazioni sociali. In sostanza, gli antichi romani vivevano in condomini in affitto, spesso trasandati, ed erano costretti ad avere coinquilini per far quadrare i conti. Una storia che potreste sentire anche oggi da qualsiasi studente fuorisede o giovane lavoratore. Cambiano i secoli, ma forse non le dinamiche dell’abitare.
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