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Meno sonno profondo, più rischio di demenza senile: lo rivela uno studio su 346 persone

Una riduzione annuale dell’1% di sonno a onde lente dopo i 60 anni aumenta del 27% il rischio di sviluppare demenza

Meno sonno profondo, più rischio di demenza senile: lo rivela uno studio su 346 persone

Foto di repertorio

Il sonno profondo potrebbe essere uno degli strumenti più importanti (e sottovalutati) per proteggere il cervello dall’invecchiamento. Un ampio studio internazionale pubblicato nel 2023 ha rilevato che ogni perdita dell’1% di sonno a onde lente all’anno, dopo i 60 anni, si associa a un aumento del 27% del rischio di demenza.

Il sonno a onde lente, o sonno profondo, è la terza fase del ciclo del sonno, quella più riposante: dura tra i 20 e i 40 minuti per ciclo e si caratterizza per un rallentamento dell’attività cerebrale, della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Durante questa fase, l’organismo rinforza muscoli, ossa, sistema immunitario e prepara il cervello a immagazzinare nuove informazioni.

Secondo il neuroscienziato Matthew Pase della Monash University, “il sonno profondo aiuta il cervello a eliminare i rifiuti metabolici, comprese le proteine che si accumulano nell’Alzheimer”. I ricercatori hanno analizzato 346 partecipanti allo studio di lunga durata Framingham Heart Study, confrontando due studi sul sonno effettuati a distanza di cinque anni e monitorandoli per altri 17 anni: 52 soggetti hanno sviluppato demenza.

Il rischio aumentava ulteriormente (fino al 32%) se si considerava solo l’Alzheimer. Il calo del sonno profondo risultava più marcato tra i 75 e gli 80 anni, poi tendeva a stabilizzarsi. Il declino del sonno profondo è stato correlato anche alla presenza del gene APOE ε4, fattore di rischio per l’Alzheimer, e a condizioni cardiovascolari. Tuttavia, non è stato osservato un legame diretto con la riduzione del volume dell’ippocampo, un segnale tipico dell’avanzamento della malattia.

Gli autori sottolineano che, pur essendo significative, le loro scoperte non dimostrano una relazione di causa-effetto: non è ancora chiaro se sia la mancanza di sonno profondo a favorire la demenza o viceversa. Ma l’associazione è abbastanza forte da suggerire una nuova variabile modificabile nella prevenzione. In attesa di ulteriori studi, il messaggio è chiaro: il sonno è prevenzione. Cercare di migliorare la qualità del sonno, soprattutto quella fase profonda che il cervello utilizza come sistema di “pulizia”, potrebbe diventare una strategia chiave per proteggere la memoria e le funzioni cognitive nel lungo termine.

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