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La decisione
27 Maggio 2025 - 19:15
Un pupazzo alto quanto una mano, con occhi sgranati, denti affilati e un’espressione a metà tra il tenero e il grottesco. Si chiama Labubu e in pochi mesi ha mandato in tilt i negozi del Regno Unito. File chilometriche, scene da panico, gente incappucciata che corre verso l’ingresso per strappare l’ultimo esemplare disponibile. Il tutto per un peluche.
La situazione è degenerata al punto da costringere Pop Mart, l’azienda cinese che lo produce, a sospendere temporaneamente la vendita fisica del prodotto, sia nei propri store britannici che nei celebri Roboshop, i distributori automatici di gadget da collezione. “Per noi è importante garantire un’esperienza di acquisto sicura, equa e confortevole per tutti, sia per i nostri clienti che per il personale dei nostri negozi”, ha scritto l’azienda su Instagram.
Labubu non viene da un film né da un videogioco. È nato nel 2015 dalla mente dell’illustratore di Hong Kong Kasing Lung. Inizialmente destinato a un pubblico di appassionati di toy art, è diventato un fenomeno planetario quando celebrities come Dua Lipa, Rihanna e Lisa delle Blackpink hanno cominciato a esibirlo come accessorio di stile. Un oggetto da collezione che, in poco tempo, ha conquistato passerelle e social network.
A consacrarne lo status di icona fashion è stato l’ingresso ufficiale nel mondo dell’alta moda: a marzo 2025, Labubu è comparso alla Settimana della Moda di Parigi, appeso alle borse griffate, tra flash e fotografi di street style.
Ma dietro i denti affilati del pupazzo si nasconde un gigante economico. Nel 2024, secondo i dati diffusi da Pop Mart, il fatturato internazionale dell’azienda è cresciuto del 375,2%, raggiungendo 5,07 miliardi di yuan (circa 700 milioni di dollari). Solo la linea Labubu ha generato 3 miliardi di yuan (420 milioni di dollari), contribuendo in modo sostanziale agli oltre 13 miliardi di yuan di ricavi totali.
Da oggetto per collezionisti a protagonista della moda e degli incubi degli addetti alle vendite, Labubu è il simbolo perfetto di un’epoca in cui il confine tra giocattolo e culto globale è sempre più sottile. E per ora, l’unica arma per fermare la follia… è mettere tutto in pausa.
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