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Il caso
02 Giugno 2025 - 11:05
L’intelligenza artificiale generativa è ormai parte del nostro quotidiano, ben oltre i confini della tecnologia per addetti ai lavori. Dai social alle chat personali, come WhatsApp, strumenti come Meta AI e ChatGPT si sono insediati nelle nostre vite. Ma quando a usarli è un avvocato e le verifiche mancano, le conseguenze possono essere gravi. Ne sa qualcosa Richard Bednar, legale dello Utah, sanzionato dalla Corte d’Appello dello Stato per aver presentato un documento contenente riferimenti a casi giudiziari mai avvenuti.
L’episodio, emerso nei giorni scorsi, ricorda un caso analogo accaduto in Italia. Anche stavolta, il nodo centrale non è l’impiego dell’intelligenza artificiale, ma la superficialità con cui il testo è stato accettato e firmato, senza alcuna revisione. A scoprire le falle è stato il legale della controparte, che ha notato anomalie nei riferimenti giurisprudenziali contenuti nel ricorso. Alcuni casi non erano rintracciabili in nessun archivio legale: esistevano solo nelle “allucinazioni” generate da ChatGPT.
“La petizione sembra contenere riferimenti a casi inventati o totalmente estranei all’argomento trattato”, ha spiegato l’avvocato alla testata americana ABC4. Non si tratta di una leggerezza da poco: nel documento presentato in tribunale, i riferimenti giuridici fittizi rischiavano di influenzare l’esito del processo.
Bednar, messo di fronte all’evidenza, ha ammesso l’errore, ma ha precisato che il documento incriminato era stato redatto da un praticante ancora privo di licenza. Il giovane collaboratore, riferisce ABC4, è stato licenziato. Lo stesso Bednar ha accettato le sanzioni, offrendosi di pagare le spese legali dell’udienza.
Il tribunale ha colto l’occasione per lanciare un monito: l’uso dell’intelligenza artificiale nei documenti legali è destinato a crescere, ma ogni avvocato resta responsabile in prima persona di ciò che firma. La tecnologia può essere un ottimo alleato, ma mai un sostituto del rigore professionale.
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