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Recensioni televisive del 2025
04 Giugno 2025 - 16:25
Dopo aver conquistato pubblico e critica con Una mamma per amica e La fantastica signora Maisel, Amy Sherman-Palladino torna sul piccolo schermo nel 2025 con Étoile, miniserie in otto episodi creata insieme al marito Daniel Palladino. La serie, in streaming su Prime Video, è già al centro del dibattito per la prossima stagione dei premi.
La storia ruota attorno a due prestigiose compagnie di balletto: il Metropolitan Ballet Theater di New York e il Ballet National di Parigi. Entrambe affrontano una crisi finanziaria e di pubblico, così decidono di scambiarsi i rispettivi talenti – le loro étoiles, ovvero le stelle del palcoscenico – in un tentativo disperato di rilanciare l’interesse per la danza classica.
Questo scambio mette in moto una narrazione fatta di rivalità, ambizioni, pressioni familiari e politiche culturali. La danza è lo sfondo, ma anche la lingua con cui si esprimono conflitti, desideri e identità.
Come in ogni progetto Sherman-Palladino, i personaggi sono tutto fuorché bidimensionali. La serie alterna i riflettori tra giovani talenti e figure adulte, in un gioco di specchi tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere.
Mishi Duplessis, ballerina francese rimandata in patria, è figlia di una Ministra della Cultura che spesso si dimentica di lei. La sua danza è una forma di resistenza e sopravvivenza, una disciplina feroce che maschera un bisogno di amore e riconoscimento. Mishi è la ribellione silenziosa, la figlia dell’élite che vorrebbe solo essere libera, anche se quel palcoscenico è stato costruito proprio dal potere che odia.
Dall’altra parte dell’oceano, Cheyenne Toussaint è l’étoile dallo spirito ribelle. Cresciuta con una madre distante ma amata, la sua danza parla per lei.
Lou de Laâge è il cuore pulsante della serie: il suo continuo “no” alle regole, il suo corpo che si rifiuta di essere solo estetica. La sua presenza è politica, poetica, tagliente. In una Parigi fatta di marmo e aspettative, Cheyenne è crepa e rivoluzione ma non è una ribelle invincibile: sa che il suo corpo ha un tempo limitato, che la sua voce esiste solo finché le luci del palco restano accese. E proprio lì, nella sua fragilità, diventa simbolo potente per chi, come la piccola Susu, guarda e sogna da lontano.
Lou de Laâge come Cheyenne in Étoile
Tobias, invece, è il coreografo americano tanto geniale quanto inettamente sociale. Ascolta death metal mentre costruisce coreografie eteree, e questa tensione è la chiave del personaggio. Interpretato da Gideon Glick, Tobias è un raro esempio di personaggio forse neurodivergente, mai etichettato o spiegato, semplicemente accettato per com’è.
Étoile racconta il balletto non come spettacolo, ma come forma di espressione estrema. I corpi dei ballerini sono archivi viventi: ogni salto, ogni gesto racconta storie che le parole non reggerebbero. La regia gioca con questa verticalità: spesso inquadra dall’alto, poi piomba a terra, come a ricordare che i sogni di volo dei danzatori sono sempre vincolati dalla realtà.
Con Étoile, Amy Sherman-Palladino firma forse la sua opera più ambiziosa. La scrittura resta tagliente, ironica, densa di ritmo – ma si unisce qui a una direzione visiva sofisticata, elegante, che sposa la grammatica del teatro con quella della critica sociale.
C’è la danza, certo. Ma c’è anche il peso dell’identità, delle aspettative famigliari, delle disparità economiche.
Se Una mamma per amica era la sua lettera d’amore alla provincia americana, e La fantastica signora Maisel un inno alla libertà femminile, Étoile è una meditazione sul corpo come campo di battaglia, su cosa significhi oggi essere artista in un mondo che cambia più velocemente del tempo di una battuta.
E anche se il balletto può sembrare distante, la serie ci ricorda che – come i suoi personaggi – tutti cerchiamo un palcoscenico dove poterci esprimere senza cadere.
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