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Nutrire l'esplorazione
10 Giugno 2025 - 20:13
Il cibo nello spazio ha compiuto un viaggio incredibile, passando dai semplici tubetti di carne e cioccolato che Jurij Gagarin aveva con sé nel 1961 a un elemento cruciale per il benessere fisico e psicologico degli astronauti. Un tempo pura necessità di sopravvivenza, oggi è un vero e proprio ponte con la Terra, fondamentale per chi vive lontano da casa e soggetto a stress muscolare e osseo, oltre che alle alterazioni di gusto e olfatto dovute all'assenza di gravità.
Oggi, la ricerca si concentra su soluzioni innovative e sull'autoproduzione, essenziale per le missioni a lungo termine, come quelle su Marte. I miceli dei funghi si stanno rivelando una risorsa promettente, non solo per costruire architetture viventi flessibili nello spazio grazie a progetti come Mycotecture off Planet della NASA, ma anche come materia prima ricca di proteine (dal 30 all'80%) e ottenibile in una settimana, riutilizzando gli scarti. La fermentazione in orbita, come dimostrato dall'esperimento con il miso, apre nuove possibilità per la creazione di sapori complessi con poche materie prime, mentre le serre verticali di Space V permetteranno la coltivazione di vegetali freschi, migliorando la dieta e il morale degli astronauti.
L'Italia, con il suo "bonus food", ha dimostrato l'importanza del comfort emotivo del cibo nello spazio. Chef come Stefano Polato e Davide Scabin hanno lavorato per adattare piatti come la lasagna e il risotto, rendendoli ideali per la microgravità grazie a consistenze cremose e all'uso di spezie che aggirano i problemi di gusto. Questo approccio sottolinea come il cibo sia un legame culturale essenziale, un conforto familiare che aiuta gli astronauti a sentirsi "a casa" anche a milioni di chilometri di distanza. L'evoluzione del cibo spaziale è un chiaro segno di come l'esplorazione non sia solo questione di tecnologia, ma anche di qualità della vita e di mantenere un'identità culturale in un ambiente così estremo.
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