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Spazio
10 Giugno 2025 - 16:05
Il vulcano Arsia Mons (Fonte Nasa)
Una visione che toglie il fiato, e che racconta più di mille dati. È l’immagine catturata lo scorso 2 maggio dalla sonda Odyssey della NASA: l’Arsia Mons, uno dei vulcani più imponenti di Marte, svetta tra le nubi di ghiaccio d’acqua sospese nell’atmosfera rarefatta del Pianeta Rosso. Alto 19 chilometri, più del doppio del Mauna Loa terrestre, il titano marziano si mostra in tutta la sua maestosità all’alba, quando le condizioni vicino all’afelio – il punto più distante dal Sole – favoriscono la formazione di queste evanescenti coltri ghiacciate.
A scattare la fotografia è stata la fotocamera THEMIS, montata a bordo di Odyssey, in orbita attorno a Marte dal 2001. La sonda si trova a circa 400 chilometri di quota, la stessa da cui gli astronauti della ISS osservano la Terra. Ed è da questa prospettiva che, se esistesse una stazione orbitante marziana, si vedrebbe l’Arsia Mons emergere dalla nebbia con una solennità quasi irreale.
L’orbiter è stato ruotato di 90 gradi per ottenere l’angolazione perfetta. Questa manovra consente agli scienziati di analizzare gli strati di polvere e di nubi di ghiaccio, cruciali per comprendere l’equilibrio climatico marziano. Un’atmosfera che, pur essendo solo l’1% di quella terrestre, ospita fenomeni meteorologici complessi, fondamentali per la pianificazione di future missioni umane.
Le nuvole immortalate si formano quando l’aria sale lungo i fianchi del vulcano e si raffredda, condensandosi. L’Arsia Mons, parte dei celebri Tharsis Montes, è noto proprio per queste scenografiche “coperte” atmosferiche. Più a nord si trova il gigante assoluto del Sistema Solare, Olympus Mons, con i suoi 25 chilometri di altezza.
Lo studio di questi fenomeni non è solo bellezza visiva: è scienza in preparazione del futuro. La comprensione del clima e delle dinamiche atmosferiche è un passo obbligato per pensare a missioni con equipaggio. Ma la realtà è ancora dura: viaggiare verso Marte oggi significherebbe affrontare radiazioni letali, gravi danni ossei e renali. Secondo recenti studi, un astronauta di ritorno dalla missione avrebbe bisogno della dialisi per sopravvivere.
Eppure, mentre la tecnologia rincorre il sogno, la sonda Odyssey ci regala visioni che sembrano tratte da un altro mondo — perché, in fondo, lo sono davvero.
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