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Politica internazionale
11 Giugno 2025 - 16:20
Un’ondata di arresti e tensioni ha scosso la California e altre città statunitensi dopo che l’ICE, l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione, ha dato il via a un’operazione su larga scala nelle aree urbane del Paese. Il 6 giugno 2025, a Los Angeles, agenti armati, mezzi blindati e squadre tattiche sono entrati in azione, arrestando decine di persone senza documenti. La risposta della cittadinanza non si è fatta attendere: manifestazioni spontanee e scontri si sono susseguiti per giorni.
Il presidente Donald Trump ha reagito ordinando la federalizzazione della Guardia Nazionale, una mossa che ha alimentato ulteriori critiche da parte di organizzazioni per i diritti civili. L’operazione californiana rientra in un programma più ampio, battezzato “Operation At Large”, che il 4 giugno ha fatto registrare un record storico: oltre 2.200 arresti in una sola giornata. Le incursioni sono avvenute simultaneamente in città come New York, Atlanta, Chicago e Miami, coinvolgendo più di 5.000 agenti federali provenienti da diverse agenzie, tra cui FBI e DEA.
Fondata nel 2003 e parte del Department of Homeland Security, l’Immigration and Customs Enforcement (ICE) è la seconda più grande agenzia investigativa degli Stati Uniti dopo l’FBI. Con un budget annuale di 8 miliardi di dollari e circa 20.000 dipendenti, l’ICE ha competenza su oltre 400 statuti federali. Le sue operazioni spaziano dal contrasto all’immigrazione irregolare alla lotta contro il traffico di esseri umani, passando per reati finanziari e attività terroristiche.
L’agenzia è divisa in due rami principali:
Enforcement and Removal Operations (ERO): si occupa di identificare, arrestare e rimpatriare cittadini stranieri privi di documenti. Attualmente, i centri di detenzione civile ospitano oltre 41.000 persone, numero vicino alla capacità massima.
Homeland Security Investigations (HSI): è invece responsabile delle indagini su crimini transnazionali come droga, armi, terrorismo e traffico di esseri umani. Gli agenti HSI operano anche all’estero, in oltre 50 Paesi.
Contrariamente a quanto si pensa, l’ingresso e la permanenza irregolare negli Stati Uniti non costituiscono un reato penale, ma un’infrazione amministrativa. Tuttavia, gli agenti ICE possono procedere all’arresto senza un’accusa formale.
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La nuova campagna anti-immigrazione riflette una netta discontinuità rispetto alla precedente amministrazione Biden. Nei primi 50 giorni del nuovo mandato, l’ICE ha effettuato 32.809 arresti, quasi quanto l’intero anno fiscale precedente. Alla regia dell’operazione c’è Stephen Miller, storico consigliere di Trump per le politiche migratorie, che ha introdotto un sistema a quote: ogni ufficio ICE deve raggiungere almeno 3.000 arresti al giorno, pena la sostituzione dei dirigenti inadempienti.
Inoltre, sono stati eliminati i vincoli operativi che escludevano interventi in scuole, ospedali e luoghi di culto, tradizionalmente considerati “zone protette”. È stato modificato anche il programma Alternatives to Detention, che in passato permetteva agli immigrati di restare in libertà durante l’iter legale grazie a controlli regolari o dispositivi elettronici. Oggi, molti vengono arrestati anche durante queste verifiche.
Secondo i dati diffusi a febbraio, il 41% degli arrestati non aveva precedenti penali, contro il 28% dell’era Biden. L’amministrazione ha inoltre riattivato e ampliato centri di detenzione federali in Texas e Kentucky.
Ma la novità più controversa è l’impiego di Guantanamo Bay, la base navale americana a Cuba storicamente usata per detenuti sospettati di terrorismo. Al momento, 112 immigrati irregolari sono stati trasferiti nella struttura, con l’obiettivo dichiarato di espandere la capacità a 30.000 posti. Una decisione che ha già sollevato l’allarme di giuristi e organizzazioni umanitarie, preoccupati per la legalità delle detenzioni prolungate senza accuse formali.
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