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16 Giugno 2025 - 15:10
Un fischio acuto, uno strano sibilo ripetuto, un’onda sonora piatta e poi un’improvvisa variazione di tono. Per noi può sembrare solo un bizzarro rumore subacqueo, ma per un delfino potrebbe essere l’equivalente di una domanda, un nome o persino un’esclamazione perplessa. Una sorta di “che succede?”. È questa l’ipotesi lanciata da un nuovo studio condotto da un’équipe di ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institution e del Sarasota Dolphin Research Program, che da oltre quarant’anni osserva e registra le vocalizzazioni di circa 170 tursiopi nella Florida occidentale.
Il risultato? I delfini potrebbero non solo chiamarsi per nome, come già ipotizzato nel 2013 grazie ai cosiddetti fischi di firma, ma anche usare un repertorio sonoro ben più complesso, fatto di almeno 22 fischi non nominativi. Due di questi, battezzati NSWA e NSWB, sembrano avere funzioni ricorrenti: uno potrebbe servire per lanciare un allarme, l’altro per esprimere una richiesta o per chiedere spiegazioni.
A differenza del linguaggio umano, che ha regole grammaticali, simboli e sintassi, i suoni prodotti dai delfini non sono ancora classificabili come “linguaggio” nel senso stretto. Ma la frontiera si fa sempre più sfumata. "Abbiamo fischi che non sono legati all’identità dell’individuo e che potrebbero funzionare come parole con significati precisi”, spiega Sayigh, che insieme alla sua squadra ha appena ricevuto il Coller-Dolittle Prize for Two-way Inter-species Communication, premio che riconosce i progressi nella comunicazione interspecifica.
Secondo Arik Kershenbaum, zoologo dell’Università di Cambridge non coinvolto nello studio, siamo davanti a una svolta potenziale. "È presto per parlare di parole" ammette "ma il fatto che decine di delfini utilizzino gli stessi suoni in contesti specifici è un indizio importantissimo. Nessuno era mai andato così lontano nel lavorare sui fischi non identificati”.
A rendere possibile questa scoperta è stato un paziente e meticoloso lavoro di registrazione iniziato decenni fa: idrofoni piazzati sui delfini, poi sostituiti da sensori con ventose che raccolgono dati acustici e di movimento mentre gli animali nuotano liberi. Il risultato è un immenso archivio sonoro che ha permesso di distinguere le firme vocali personali da fischi condivisi.
Ed è proprio in questa “babele marina” che Sayigh, nel 2017, ha individuato per caso un suono strano e ricorrente. “Pensavo di essermelo immaginato" racconta "poi ho scoperto che lo usavano più di 35 delfini diversi”. Un altro fischio, NSWA, registrato da almeno 25 individui, sembra funzionare come stimolo ad allontanarsi: durante i test, la maggior parte dei delfini si allontanava dalla fonte del suono. Allarme? Fastidio? È ancora difficile dirlo con certezza.
Che i delfini abbiano una comunicazione sofisticata è assodato. Ma quando una comunicazione diventa linguaggio? Secondo Sara Torres Ortiz, biologa dell’Università della Danimarca meridionale, la soglia sta nella comunicazione referenziale, cioè la capacità di usare suoni specifici per riferirsi a oggetti o eventi specifici. “Questa capacità è stata osservata anche in altri animali – dice – come i cercopitechi e i cani della prateria. Non sarebbe sorprendente se anche i delfini la possedessero”.
Ma attenzione a non forzare analogie troppo umane: Jason Bruck, biologo della Stephen F. Austin State University, mette in guardia “Dobbiamo uscire dalla nostra visione antropocentrica. I delfini potrebbero avere sistemi comunicativi complessi che non passano solo dai suoni: ad esempio, usano l’urina per identificarsi. Quello che per noi è strano, per loro è informazione essenziale”.
Questa ricerca non dimostra ancora che i delfini parlino come noi. Ma accende nuovi riflettori sulla possibilità di sviluppare forme di comunicazione interspecifica, magari un giorno bidirezionale.
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