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Esame di maturità
18 Giugno 2025 - 17:30
Paolo Borsellino
Abbiamo chiesto a ChatGPT come avrebbe svolto le tracce della Maturità 2025 della prima prova d'italiano della tipologia C: "Paolo Borsellino, I giovani, la mia speranza, in Epoca, 14 ottobre 1992, pp. 125-126", Proposta C1.
"Le parole di Paolo Borsellino, pronunciate nel 1992 poco prima della sua morte, colpiscono per la loro forza e per la fiducia che esprimono nei confronti dei giovani. È raro, oggi, sentire un adulto rivolgersi alla nostra generazione con tanta stima e con una speranza autentica. Nella sua riflessione, Borsellino racconta come la mafia abbia potuto radicarsi anche per colpa del consenso tacito che le è stato concesso, e come la nuova consapevolezza dei giovani possa spezzare questo legame malsano. Il suo messaggio, a distanza di decenni, resta attuale e ci interpella direttamente, come cittadini e come studenti.
Rispetto alla generazione di Borsellino, noi viviamo in un contesto molto diverso. Oggi si parla di mafia nei libri di scuola, nei telegiornali, nei documentari. Abbiamo sentito pronunciare i nomi di Falcone e Borsellino fin dalle elementari. Abbiamo partecipato a giornate della memoria, incontri con testimoni e progetti sulla legalità. Questo non vuol dire che la mafia sia scomparsa, ma almeno non viene più ignorata come una cosa lontana. Personalmente, ho cominciato a capire cosa significasse davvero “criminalità organizzata” solo negli ultimi anni, approfondendo le letture e ascoltando le storie di chi ha combattuto sul campo. La consapevolezza è cresciuta, ma ora serve qualcosa di più: il coraggio di agire.
Borsellino lo dice chiaramente: la mafia prospera dove trova consenso. Questo è il punto chiave. Non basta non essere mafiosi per essere contro la mafia. È necessario rifiutarne la mentalità, l’idea che tutto si possa comprare, che la forza valga più della legge, che il silenzio sia più conveniente della verità. Oggi il rischio più grande per noi giovani è l’indifferenza. Viviamo in un’epoca in cui ci sembra di non poter cambiare niente, in cui la sfiducia verso le istituzioni è forte. Ma anche una piccola scelta può fare la differenza: rispettare le regole, non cercare scorciatoie, denunciare un’ingiustizia, informarsi.
La scuola è il primo luogo dove si impara la legalità, anche attraverso il confronto, il rispetto reciproco, la responsabilità. Non solo durante le ore di Educazione Civica, ma ogni volta che ci viene chiesto di collaborare, di rispettare le scadenze, di costruire qualcosa insieme. Se viviamo la scuola come una comunità, stiamo già mettendo in pratica l’idea di cittadinanza che Borsellino aveva in mente. Anche nei momenti più difficili — come durante la pandemia — ho sentito quanto sia importante avere adulti di riferimento che ci incoraggiano a credere nella giustizia, nella libertà e nel merito.
Il messaggio finale di Borsellino è quello che più mi ha colpito: lui era ottimista. Non perché le cose andassero bene, ma perché credeva nel cambiamento che poteva nascere dai giovani. Non era un ottimismo ingenuo, ma una scelta di campo. Anche io voglio credere che la mia generazione possa essere diversa, possa rifiutare il compromesso, la corruzione, la violenza. Non diventeremo eroi, forse, ma possiamo essere cittadini onesti e attenti, capaci di costruire una società più giusta. È da qui che può ripartire la vera lotta contro ogni forma di mafia.
Borsellino ha affidato ai giovani il compito più difficile: quello di non arrendersi. È un’eredità pesante, ma anche un onore. Tocca a noi dimostrare che la sua fiducia non è stata vana. E che davvero, come diceva lui, “se i giovani le negheranno il consenso, la mafia finirà”."
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