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Il Regno Unito verso la decriminalizzazione dell’aborto: una svolta storica per i diritti delle donne

Approvato l'emendamento che abolisce le sanzioni penali per l'interruzione di gravidanza oltre i limiti stabiliti

Il Regno Unito verso la decriminalizzazione dell’aborto: una svolta storica per i diritti delle donne

Con 379 voti favorevoli e 137 contrari, la Camera dei Comuni ha approvato un emendamento che segna un cambiamento storico nella legislazione britannica sull’aborto. La modifica proposta, che ha trovato largo sostegno trasversale, punta a decriminalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza in Inghilterra e Galles, mettendo fine al rischio di perseguibilità penale per le donne che abortiscono al di fuori del quadro legale attuale.

Il voto si inserisce all’interno di un più ampio disegno di legge su criminalità e polizia. Ma il suo impatto principale riguarda l’Offences Against the Person Act del 1861, una normativa risalente all’epoca vittoriana che ancora oggi prevede l’ergastolo per una donna che interrompa volontariamente la gravidanza in modo illegale. Un residuo giuridico ottocentesco che, sorprendentemente, è rimasto in vigore fino ai giorni nostri, nonostante l’introduzione nel 1967 dell’Abortion Act, che consente l’aborto fino alla 24ª settimana previo parere concorde di due medici.

La nuova norma non modifica le condizioni permesse dalla legge del 1967, ma elimina le sanzioni penali in caso di violazione dei termini previsti. In altre parole, l’aborto fuori dai limiti stabiliti non sarà più un reato.
Alla base di questa riforma ci sono stati anni di dibattiti, proteste e casi giudiziari che hanno scosso l’opinione pubblica. In particolare, hanno fatto discutere le vicende di Carla Foster e Nicola Packer.
Foster, madre di tre figli, fu condannata nel 2020 a oltre due anni di carcere per aver abortito alla 32ª settimana dopo aver ottenuto pillole abortive con una dichiarazione errata della sua età gestazionale. Il clamore mediatico portò alla sospensione della pena, ma la vicenda sollevò interrogativi profondi sulla proporzionalità delle punizioni.

L’emendamento è stato accolto positivamente da una vasta parte del mondo medico e accademico. Sei facoltà di medicina, la British Medical Association e la Royal College of Obstetricians and Gynaecologists hanno espresso il loro sostegno. Per Ranee Thakar, presidente del Royal College, si tratta di «una vittoria per le donne e per i loro diritti riproduttivi», tanto più importante in un periodo in cui tali diritti sono sotto attacco in diverse parti del mondo.
Anche la politica ha reagito con favore. La deputata laburista Tonia Antoniazzi, che ha presentato l’emendamento, ha ricordato i casi di Foster, Packer e di una terza donna, Laura, incarcerata mentre il suo compagno violento restava impunito. Il primo ministro Keir Starmer, parlando dal G7 in Canada, ha detto che avrebbe votato a favore se fosse stato presente, sottolineando il suo impegno per un aborto «libero, sicuro e legale».

Ora il testo dovrà passare alla Camera dei Lord e ottenere l’assenso reale per diventare legge. Ma il largo consenso trasversale e l’appoggio dell’opinione pubblica fanno ritenere probabile un rapido completamento dell’iter.
L’approvazione dell’emendamento rappresenta un passo avanti decisivo per i diritti delle donne nel Regno Unito, che ora si prepara a lasciarsi alle spalle una delle normative più anacronistiche d’Europa.

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