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natalità
24 Giugno 2025 - 10:55
Per secoli l’augurio più frequente alle giovani coppie è stato «Auguri e figli maschi!». Un auspicio carico di aspettative sociali, economiche e culturali, in cui i maschi erano i depositari del nome, del patrimonio e del prestigio familiare. Ma oggi, in molte parti del mondo, quella preferenza sembra appartenere al passato.
Negli ultimi anni, i dati demografici, i sondaggi e le pratiche nelle adozioni o nella fecondazione assistita indicano un’inversione di tendenza: sempre più famiglie vorrebbero avere figlie femmine. Una trasformazione che interessa anche paesi dove la predilezione per i maschi era storicamente radicata, come India, Cina e Corea del Sud. Oggi, in questi contesti, il desiderio di avere figli maschi è molto meno marcato. Un cambiamento solo in parte condiviso da paesi occidentali a bassa fecondità come Italia e Spagna, dove la preferenza per i maschi continua a resistere.
A indagare il fenomeno con una lente nuova è stata una ricerca guidata da Letizia Mencarini, docente di demografia alla Bocconi di Milano. Anziché chiedere genericamente di che sesso si vorrebbe il prossimo figlio, i ricercatori hanno domandato: «Se potessi avere un figlio solo, di che sesso lo vorresti?». L’indagine ha coinvolto otto paesi tra Asia, Europa e Stati Uniti, con un campione di adulti tra i 18 e i 49 anni. In Corea del Sud e Giappone la preferenza per le femmine è netta, negli Stati Uniti è moderata, mentre in Norvegia e Singapore non si rileva alcuna inclinazione significativa. In Italia, Spagna e Cina, invece, prevale ancora la preferenza per i figli maschi, in alcuni casi con percentuali superiori al 50 per cento.
Per Mencarini, laddove permane una netta preferenza di genere, questa è spesso legata a contesti di minore uguaglianza tra uomini e donne. In società più paritarie, come la Norvegia, la tendenza dominante è l’assenza di preferenze. Tuttavia, anche la predilezione per le figlie può nascondere stereotipi persistenti: in molti casi le bambine vengono considerate più “premurose” e quindi più inclini a prendersi cura dei genitori in vecchiaia.
Non mancano motivazioni di ordine pratico o economico. In Cina, ad esempio, si ritiene che avere un figlio maschio comporti spese maggiori, specie in ambito urbano, dove gli uomini devono possedere una casa per potersi sposare. Anche negli Stati Uniti, tra i 25 e i 34 anni, circa il 20% dei maschi vive ancora con i genitori — contro il 15% delle femmine. E in Giappone, il fenomeno degli hikikomori — giovani che si ritirano dalla società — riguarda in larga parte i maschi.
L’affermarsi dell’ecografia prenatale a basso costo negli anni Ottanta ha coinciso con un drammatico aumento degli aborti selettivi in diversi paesi asiatici, dove la preferenza per i figli maschi ha portato a squilibri demografici profondi. L’Economist ha stimato che dal 1980 siano “mancate all’appello” circa 50 milioni di bambine. Ma questa tendenza si è invertita a partire dal 2015: oggi il rapporto tra nascite maschili e femminili si sta riequilibrando. In Corea del Sud, ad esempio, si è passati da 116 maschi ogni 100 femmine nel 1990 a una parità quasi perfetta nel 2023.
Non è detto che desiderare una figlia femmina sia sinonimo di maggiore emancipazione. Studi condotti negli Stati Uniti mostrano che la scelta può derivare da motivazioni molto diverse: alcuni padri trovano meno impegnativo crescere una bambina, alcune madri temono di non riuscire a entrare in sintonia con un figlio maschio. In Cina e Giappone, inoltre, la crescente popolazione maschile non sposata ha cambiato le strategie familiari: molti genitori vedono oggi nelle figlie una maggiore garanzia di continuità affettiva e stabilità relazionale.
La secolare supremazia simbolica del figlio maschio si sta sgretolando. Ma non ovunque, e non per le stesse ragioni. In alcuni paesi, le figlie femmine sono oggi percepite come una “scelta più sicura”, più affettiva, più sostenibile. In altri, i pregiudizi tradizionali continuano a resistere, anche se con meno forza. La questione rimane aperta, e riflette più di ogni altra cosa lo stato delle relazioni di genere, delle aspettative sociali e della cultura familiare nei diversi contesti del mondo.
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