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Anniversari letterari
30 Giugno 2025 - 11:45
30 giugno 1936. In una libreria di New York fa il suo ingresso un romanzo d’esordio, firmato da una giornalista di Atlanta. Si chiama Margaret Mitchell, e nessuno — nemmeno lei — sa ancora che quel libro cambierà per sempre la narrativa americana. Il titolo è Gone With the Wind, in italiano Via col vento. Un anno dopo, vince il Premio Pulitzer. Tre anni dopo, diventa uno dei più grandi successi cinematografici della storia.
Ma se il film è passato alla storia — con le sue scene in technicolor, le battute leggendarie e l’interpretazione iconica di Vivien Leigh e Clark Gable — il romanzo da cui tutto è nato, spesso, viene dimenticato. O peggio: sottovalutato.
Margaret Mitchell scrisse Gone With the Wind quasi per caso, durante una lunga convalescenza a causa di una frattura alla caviglia. Giornalista brillante, lasciò il suo lavoro all’Atlanta Journal e iniziò a scrivere quello che chiamava semplicemente “il mio libro”. Un manoscritto senza titolo che cresceva lentamente, dattiloscritto a macchina, conservato in una scatola.
Il libro venne pubblicato con una certa riluttanza. Non solo da lei, che non credeva nella qualità della sua opera, ma anche dall’industria editoriale, che guardava con scetticismo una scrittrice donna del Sud che raccontava la Guerra Civile e la schiavitù attraverso una protagonista — Rossella O’Hara — a tratti spregiudicata, egoista, imperfetta.
Eppure, fu un successo travolgente: oltre un milione di copie vendute nel primo anno, 37 traduzioni, e un impatto culturale che risuonava ben oltre i confini degli Stati Uniti.
Nata nel 1900 ad Atlanta, Mitchell era una donna fuori dal suo tempo. Aveva studiato medicina per due anni (quando le donne medico erano pochissime), era indipendente, divorziata e poi risposata, e aveva una voce vivace, ironica, a volte tagliente. Il suo romanzo, per quanto nostalgico verso il Sud, è anche un affresco complesso su una donna che non si arrende, che attraversa guerra, povertà, amori falliti e scelte dure — una femminilità non idealizzata, né remissiva.
Rossella O’Hara non è un’eroina tradizionale: è caparbia, manipolatrice, ambiziosa. Eppure (o forse proprio per questo) è diventata una delle figure più iconiche della letteratura del Novecento.
Oggi Via col vento è letto meno di quanto meriti, schiacciato dal peso della sua stessa trasposizione cinematografica e da dibattiti legittimi sul suo sguardo controverso sul razzismo e la schiavitù. Ma resta un monumento letterario del XX secolo. E la figura di Margaret Mitchell — che morì nel 1949 dopo essere stata investita da un’auto — è ancora oggi un simbolo di quanto una sola voce possa rompere il silenzio, sfidare i pregiudizi, lasciare un segno.
In un’intervista, quando le chiesero se stesse scrivendo un secondo romanzo, lei rispose con semplicità: «Se ho qualcosa da dire, lo dirò. Ma 'Via col vento' è tutto ciò che avevo dentro.»
89 anni dopo, è chiaro che quel “tutto” ha ancora molto da raccontare.
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