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01 Luglio 2025 - 15:50
Si dice che scrivere renda immortali, ma Uketsu ha scelto una strada diversa: usare la scrittura per svanire del tutto. La sua idea non è lasciare un segno indelebile, ma ritagliarsi un’assenza, una sagoma vuota nel mondo reale. Una maschera di carta, un corpo senza volto, una voce dall’intonazione infantile e quasi irreale.
Originario del Giappone, Uketsu si è sempre mostrato con una maschera bianca e una tuta nera, nascondendo la sua identità. La sua voce potente racconta incubi fatti di carta, figure evanescenti che potrebbero essere chiunque… o nessuno.
Ha debuttato nel 2020 con un video-story su YouTube, combinando disegni, testi e schemi per tessere trame che esplorano i traumi infantili e misteri inquietanti. Il suo stile, insolito e affascinante, ricorda sia Banksy sia lo scrittore giapponese Edogawa Ranpo.
Con oltre un milione di copie vendute, milioni di visualizzazioni, un manga, un film e traduzioni in trenta lingue, Uketsu rimane un enigma senza fotografie né apparizioni pubbliche. Solo un’ombra digitale, un fenomeno nato nell’oscurità del web, simile a quello che fu Poppy nel 2007.
Nelle sue opere non trovi sangue o scene splatter come quelle del maestro dell’horror Junji Ito. La sua paura è fatta di silenzio e spazi vuoti: cucine immobili, scale senza fine, planimetrie distorte. Non è la violenza a spaventare, ma il vuoto inquietante e il mistero che si celano dietro l’assenza.
Il suo romanzo d’esordio, Strange Pictures, è stato tradotto in 30 paesi e ha venduto più di 1,5 milioni di copie in tutto il mondo. Un’opera che mescola parole e immagini, descrizioni e indizi visivi, per costruire una narrazione che è al tempo stesso horror e giallo.
La raccolta di racconti, edita in Italia da Einaudi, è anche un gioco: un puzzle visivo e narrativo in cui un bambino disegna qualcosa di incomprensibile, da cui scaturisce un incubo o un trauma inespresso.
Uketsu ha saputo unire elementi tipici dei manga, dei videogiochi e dei contenuti digitali in una nuova forma letteraria che si può definire “fusion”.
Gli spazi liminali sono luoghi di passaggio, “non-luoghi” infiniti che incutono un senso di inquietudine. Si presentano come corridoi vuoti, parcheggi sotterranei interminabili, scale che sembrano non condurre da nessuna parte, o sale d’attesa abbandonate all’alba.
Questi ambienti, familiari ma stranamente alterati, popolano le opere di Uketsu, trasmettendo un senso di vuoto pieno di presenze nascoste. Non è ciò che si vede a terrorizzare, ma ciò che manca, l’assenza palpabile.
Uketsu non racconta la paura con mostri o urla, ma la evoca attraverso il silenzio, la sospensione, il mistero di spazi e momenti sospesi tra realtà e incubo.
Anche Uketsu è un’entità liminale: senza volto e senza identità definita, si muove tra autore e personaggio, tra finzione e realtà. La maschera che indossa è simbolo di questa condizione sospesa, né presenza né assenza, né umano né mostro. Attraversa il confine tra il nostro mondo e gli spazi liminali per mostrarci ciò che si cela oltre l’immaginazione.
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