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Il cibo che mangiamo dipende dal petrolio: lo studio che svela la verità scomoda

Uno studio svela come l’intero sistema alimentare globale dipenda dai combustibili fossili: fertilizzanti, trasporti, plastica

Il cibo che mangiamo dipende dal petrolio: lo studio che svela la verità scomoda

Pensando alla dipendenza dalle fonti fossili vengono in mente le centrali elettriche a carbone, le raffinerie, i gasdotti e le ciminiere delle industrie pesanti. Ma raramente si associa il cibo — quello che ogni giorno mettiamo nei piatti — al petrolio e al gas naturale. E invece è proprio così: anche il sistema alimentare globale è alimentato dai combustibili fossili, e in misura più ampia di quanto si possa immaginare.

Lo rivela un nuovo rapporto pubblicato dal Panel internazionale di esperti sui sistemi alimentari sostenibili (Ipes-Food), dal titolo eloquente: "Fuel to fork", cioè "dal carburante alla forchetta". Secondo l’analisi, il settore agroalimentare copre da solo almeno il 15% della domanda globale di energia da fonti fossili. Ancora più impressionante è il dato relativo al consumo di prodotti derivati dalla filiera petrolchimica, che arriva al 40%: fertilizzanti sintetici, pesticidi, plastiche per imballaggi e confezioni, mezzi agricoli alimentati a gasolio. Tutto ciò rende il cibo parte integrante della crisi climatica.

L’impatto è anche economico. Quando il prezzo del petrolio sale, sale anche quello dei fertilizzanti e dei trasporti. E di conseguenza aumenta il costo del cibo, spesso in modo invisibile per chi vive nei Paesi più ricchi, ma devastante per chi già lotta per garantirsi il necessario. Oggi 2,8 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a un’alimentazione adeguata. Le crisi geopolitiche — dalle guerre alle tensioni nei mercati energetici — colpiscono quindi anche il diritto più essenziale, che è quello di nutrirsi.
Il report però non si limita alla diagnosi: indica, infatti, anche una via d’uscita concreta: l'agroecologia. Una parola spesso trascurata, che invece racchiude un intero modello agricolo fondato su tecniche sostenibili, biodiversità, conoscenze locali e indipendenza dalle fonti fossili. Ipes-Food cita il caso dell’Andhra Pradesh, uno stato dell’India che ha avviato il più grande progetto agroecologico del mondo, coinvolgendo milioni di contadini in una trasformazione radicale delle pratiche agricole.

Servono però investimenti. L’economista Raj Patel, tra gli autori del rapporto, afferma che basterebbe smettere di sovvenzionare i combustibili fossili legati al sistema alimentare per risparmiare circa 2.500 miliardi di dollari all’anno. Una cifra enorme, che potrebbe essere reindirizzata verso modelli agricoli resilienti, climaticamente sostenibili e in grado di garantire sicurezza alimentare per tutti.
Il cambiamento, insomma, è possibile. Ma deve partire da una presa di coscienza.

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