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Tradizioni piemontesi

Volpedo, il borgo piemontese con le pesche più buone della regione

Una tradizione agricola nata da una crisi che oggi è un patrimonio locale riconosciuto, tra coltivazione artigianale e innovazione sostenibile

Volpedo, il borgo piemontese con le pesche più buone della regione

Tra le colline dell’Alessandrino, Volpedo è diventato famoso non solo per essere la terra natale del pittore Giuseppe Pellizza, ma anche per la produzione di pesche straordinarie, rinomate per dolcezza e profumo. Questa coltivazione rappresenta una vera e propria tradizione locale, nata da una crisi agricola e oggi elemento identitario e culturale della comunità.

Situato tra le valli del Curone e del Grue, nel basso Piemonte, il borgo di Volpedo custodisce un’eredità agricola che affonda le radici nella passione e nella tenacia dei suoi abitanti. La pesca qui è molto più di un semplice prodotto: è una pratica tramandata di padre in figlio, fatta a mano, raccolta all’alba e coltivata su terreni sabbiosi e argillosi che ne esaltano le qualità organolettiche. Ogni anno, la raccolta avviene seguendo metodi tradizionali e i frutti vengono venduti freschi o trasformati con cura nelle aziende agricole locali. Nonostante difficoltà economiche e ambientali, la peschicoltura di Volpedo continua a rappresentare un legame forte tra la comunità e il proprio territorio.

La storia delle pesche di Volpedo ha origine da un evento negativo: l’attacco della fillossera agli inizi del XX secolo, che distrusse i vigneti locali. I contadini dovettero reinventarsi e tra gli anni ’20 e ’30 emersero i primi frutteti, con varietà di pesche importate dagli Stati Uniti, come Waddel (poi chiamata Guidobono), Hale, Elberta e Amsden. Il Cavaliere Guidobono fu il primo a intravedere il potenziale frutticolo del territorio, seguito dall’avvocato Carlo Baravalle che negli anni ’30 diede impulso al commercio locale e promosse la prima Sagra delle Pesche di Volpedo nel 1937. In pochi anni, la coltivazione delle pesche superò perfino la tradizionale bachicoltura.

Tra gli interessati al settore ci fu anche Giuseppe Pellizza da Volpedo, figlio di una famiglia di agricoltori benestanti, che nelle sue lettere parlava spesso di raccolti e mercati. Negli anni ’60 e ’70, le pesche locali raggiungevano la Riviera Ligure, da Bordighera a Forte dei Marmi, seguendo le vie del turismo proveniente da Milano, Parma, Piacenza e perfino Zurigo.

Le caratteristiche uniche della pesca di Volpedo

Il segreto della qualità delle pesche di Volpedo risiede nella combinazione tra clima, terreno e abilità contadina. Non solo pesche, ma anche ciliegie, fragole, mele e pere prosperano in questo ambiente unico, grazie all’influenza incrociata dell’acqua ligure, dell’aria lombarda, dei venti emiliani e della terra piemontese. Le valli circostanti offrono un pedoclima ideale, con altitudini tra i 114 e i 448 metri, terreni ricchi e variazioni termiche importanti.

Una caratteristica distintiva della pesca di Volpedo è la raccolta manuale “a onda”, che segue il ritmo naturale della maturazione. Questo metodo, praticato da metà giugno ad agosto, valorizza gusto e colore, portando la pesca al massimo del sapore. I frutti vengono poi venduti o trasformati il giorno stesso della raccolta, riducendo al minimo manipolazioni e conservazione in frigorifero. Questa cura è apprezzata anche da chef e artigiani del gusto di alto livello.

Oggi la Pesca di Volpedo è protetta da un Consorzio che raggruppa circa 70 aziende agricole, con 250 ettari di frutteti, principalmente di pesche gialle. Le varietà coltivate sono sia internazionali che alcune antiche, mantenute più per tradizione che per produttività. Senza certificazioni come IGP, DOP o Presidio Slow Food, la pesca vive grazie al valore attribuitole da chi la coltiva e la sceglie.

La lavorazione artigianale in conserve, sciroppate o dolci fa parte della tradizione, sempre con la regola che il prodotto trasformato deve essere buono quanto quello fresco. Volpedo ha fatto della pesca un simbolo del territorio, al pari di altri prodotti locali come il Montebore o la Ciliegia di Garbagna.

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