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SALUTE & PREVENZIONE

Zanzara tigre, c’è un virus che preoccupa: cos’è la Chikungunya

Si trasmette con una puntura, causa febbre e forti dolori. Il virus è senza cura, ma difendersi è possibile: ecco come

Zanzara tigre, c’è un virus che preoccupa: cos’è la Chikungunya

Le zanzare non sono tutte uguali. Alcune pungono, altre infettano. E tra queste ultime c’è la famigerata Aedes albopictus, meglio conosciuta come zanzara tigre. Un insetto che, complici i cambiamenti climatici e l’espansione urbana, oggi abita stabilmente anche le nostre città. E non è sola: insieme a lei viaggia un virus che sta tornando a far parlare di sé, la Chikungunya, una malattia virale che, pur avendo origini tropicali, ha già fatto tappa in Italia e potrebbe toccare anche il nostro territorio.

Non è allarmismo, ma attenzione: perché la Chikungunya è tornata a farsi vedere con nuovi casi nel nord Italia — tra Bologna e Piacenza — e, sebbene non ancora segnalata in Piemonte, le condizioni ambientali per un possibile focolaio esistono anche qui. È il prezzo di un clima sempre più mite e della globalizzazione che ci connette con il resto del mondo — anche con i suoi virus.

Il nome della malattia deriva da un dialetto africano e significa "ciò che piega", un riferimento alla postura curva e dolorante che spesso assume chi ne è colpito. Il virus responsabile è un Alphavirus a RNA, isolato per la prima volta in Tanzania nel 1952. La trasmissione avviene esclusivamente attraverso la puntura di zanzare infette, in particolare la Aedes aegypti (la cosiddetta zanzara della febbre gialla) e la zanzara tigre, ormai ben radicata anche in molte zone del Piemonte.

Quando una zanzara punge una persona infetta, acquisisce il virus e può poi trasmetterlo a un altro individuo. Non esiste trasmissione diretta da persona a persona, ma chi ha contratto il virus all’estero può diventare inconsapevolmente il punto di partenza di una catena di contagi locali. È quanto accadde già in passato, nel 2007 e nel 2017, con due focolai documentati in Italia. E oggi, con estati più lunghe e calde e con zanzare attive anche in ambiente urbano, il rischio si ripresenta in modo concreto.

I sintomi compaiono generalmente dopo un’incubazione di 3-12 giorni e includono febbre alta, forti dolori articolari — soprattutto a mani, polsi, piedi e caviglie — affaticamento, mal di testa, dolori muscolari e, in circa la metà dei casi sintomatici, eruzioni cutanee sotto forma di papule. La malattia non è letale nella maggior parte dei casi, ma può risultare molto debilitante, con dolori che persistono anche per mesi. La diagnosi può essere confermata soltanto tramite analisi del sangue specifiche.

Al momento non esiste alcun farmaco antivirale mirato né un vaccino approvato in Europa, anche se alcune sperimentazioni sono in corso negli Stati Uniti. L’unico strumento efficace resta la prevenzione, che deve essere attuata su più livelli. A livello individuale è fondamentale proteggersi con repellenti antizanzare, installare zanzariere alle finestre e preferire abiti chiari e coprenti, soprattutto nelle ore in cui le zanzare sono più attive, anche di giorno. Ridurre i ristagni d’acqua — nei sottovasi, nei tombini, nelle grondaie — è essenziale per evitare che le zanzare trovino luoghi adatti alla deposizione delle uova.

Chi ha soggiornato in zone dove si sono registrati casi autoctoni viene temporaneamente sospeso dalla donazione di sangue, una misura precauzionale per evitare la possibile trasmissione del virus tramite i servizi trasfusionali.

Il primo focolaio italiano risale all’estate del 2007, con oltre 200 casi nel Ravennate. Un secondo episodio si è verificato nel 2017 tra Lazio e Calabria, in parallelo a un’ondata in Francia. Da allora, è attivo un piano nazionale di sorveglianza per monitorare i casi importati e contenere la trasmissione locale.

Ad oggi il Piemonte non risulta coinvolto, ma le condizioni favorevoli alla diffusione del virus ci sono tutte. La zanzara tigre è presente su larga scala anche nelle città, Torino inclusa. Temperature in aumento, spazi verdi urbani e viaggi rendono il rischio più concreto di quanto sembri. Per questo, più che il panico, serve una corretta informazione. Conoscere il rischio significa poterlo evitare. La Chikungunya non è una malattia nuova, ma oggi è più vicina. Bastano un terrazzo assolato, un po’ di acqua stagnante… e una puntura.

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