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Salute & Benessere
31 Luglio 2025 - 14:45
Immagine di repertorio
Durante la stagione estiva, l’utilizzo intensivo delle piscine pubbliche e private comporta una serie di rischi igienico-sanitari che richiedono attenzione sia da parte degli utenti sia da parte dei gestori. Oltre alle misure di sicurezza per prevenire gli annegamenti, è fondamentale considerare la qualità microbiologica dell’acqua e degli ambienti circostanti. L’analisi condotta dalla BBC e vari studi scientifici evidenziano come, sebbene rari, i focolai infettivi possano verificarsi anche in strutture ben mantenute.
Il parassita Cryptosporidium rappresenta uno degli agenti patogeni più resistenti presenti nelle piscine. Può causare infezioni gastrointestinali con sintomi come diarrea, dolori addominali e vomito, talvolta persistenti per oltre due settimane. Secondo ricerche condotte nel Regno Unito, le infezioni da Cryptosporidium sono maggiormente associate alla frequentazione delle piscine durante le ore di punta. La sua resistenza al cloro, dovuta alla capacità di formare spore protettive, rende difficile la sua eliminazione con i metodi di disinfezione standard.
Oltre al Cryptosporidium, tra i patogeni rilevati in ambiente piscina si annoverano batteri come Staphylococcus aureus (infezioni cutanee), Pseudomonas aeruginosa (otiti esterne), Legionella pneumophila (infezioni respiratorie da inalazione), e funghi dermatofiti responsabili di micosi. Le infezioni possono avvenire per contatto diretto con l’acqua, per inalazione di aerosol contaminati o attraverso le superfici degli spogliatoi.
Il cloro resta il principale agente disinfettante impiegato per mantenere la salubrità delle piscine. Tuttavia, la sua efficacia dipende da variabili come il pH dell’acqua, la temperatura e il numero di bagnanti presenti. La “superclorazione” e l’utilizzo di coagulanti seguiti da filtrazione lenta possono aumentare la capacità di abbattimento dei patogeni più resistenti, ma devono essere eseguiti da personale qualificato. I livelli ottimali di cloro libero (0,7–1,5 mg/l) e pH (tra 7,2 e 7,6) devono essere monitorati costantemente.
Le normative europee variano da Paese a Paese. In Italia, le linee guida regionali e il Regolamento di Igiene Pubblica stabiliscono i parametri microbiologici dell’acqua e la frequenza dei controlli. Negli Stati Uniti, i CDC propongono il Model Aquatic Health Code, adottato da molte giurisdizioni locali per standardizzare le pratiche. I gestori devono garantire l’efficienza dei sistemi di filtrazione, il ricambio regolare dell’acqua e l’adozione di protocolli in caso di contaminazione accertata.
Anche i frequentatori delle piscine possono ridurre il rischio di infezioni adottando buone pratiche igieniche:
fare la doccia prima dell’ingresso in vasca;
non entrare in acqua con ferite aperte o sintomi gastrointestinali;
evitare di deglutire acqua;
utilizzare ciabatte e non condividere oggetti personali;
indossare occhialini e, se necessario, tappi per le orecchie;
prestare attenzione a eventuali segni di scarsa manutenzione (acqua torbida, superfici viscide, odori anomali).
Le infezioni in piscina sono nella maggior parte dei casi evitabili attraverso una corretta gestione delle strutture e comportamenti consapevoli da parte degli utenti. I dati disponibili indicano che le piscine ben manutenute, con disinfezione adeguata e controlli regolari, presentano un rischio molto basso di trasmissione di malattie infettive. Tuttavia, è fondamentale mantenere alta l’attenzione e aggiornare periodicamente le procedure di sicurezza in relazione all’evoluzione dei patogeni e delle tecnologie di trattamento dell’acqua.
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