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Perché le bottigliette d'acqua hanno la data di scadenza?

Quando berla è ancora sicuro e come evitare alterazioni di gusto e odore

Perché le bottigliette d'acqua hanno la data di scadenza?

Bottiglietta d'acqua, immagine di repertorio

Quando si parla di “scadenza” dell’acqua, in realtà non è il liquido a deteriorarsi, ma il contenitore che, col tempo, può modificarne gusto, odore e qualità. La data stampata sulle bottiglie non indica un pericolo per la salute, ma il Termine Minimo di Conservazione, cioè il periodo entro il quale il produttore assicura che le caratteristiche organolettiche e chimiche restino invariate. Oltre quel termine, l’acqua non diventa nociva, ma può perdere gas, variare acidità o presentare note aromatiche insolite.

Il tipo di contenitore incide molto. Le bottiglie in PET, leggere e riciclabili, hanno in genere un TMC di uno o due anni, mentre quelle in vetro, più stabili ai gas e ai microrganismi, possono arrivare a tre anni. Una volta aperta la bottiglia, però, la protezione scompare: è consigliabile consumare l’acqua entro due giorni, evitando l’uso se compaiono odori sgradevoli come il dolciastro dell’acetaldeide, sostanza rilasciata da alcune plastiche.

Anche la conservazione è determinante: l’acqua va tenuta al fresco e al buio, lontano da fonti di calore e da materiali che possano trasmettere odori, come detergenti o carburanti. Luce e alte temperature accelerano l’alterazione, motivo per cui stoccaggio, trasporto e vendita devono avvenire in condizioni controllate.

Per chi sceglie l’acqua del rubinetto, l’ideale è conservarla in frigorifero in contenitori di vetro puliti, consumandola entro pochi giorni. Riutilizzare bottiglie di plastica, anche se lavate, può favorire la migrazione di sostanze indesiderate, come dimostrano studi internazionali. L’acqua di rete non ha una vera scadenza: basta che l’impianto domestico sia in buone condizioni per avere un prodotto sicuro, sostenibile e senza alcuna “data limite”.

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