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Piattaforme online
22 Agosto 2025 - 10:50
L’era dello streaming sembrava aver relegato la pirateria digitale a un ricordo del passato. L’arrivo di Spotify e Netflix aveva trasformato l’accesso a musica e film in un servizio rapido e conveniente, spazzando via la necessità di cercare contenuti attraverso i torrent. Ma nel 2025 lo scenario è cambiato: titoli che spariscono dai cataloghi, abbonamenti sempre più costosi e una frammentazione dell’offerta stanno riportando in auge pratiche che si pensavano superate.
Un caso emblematico è quello della serie “I Medici”, che racconta l’ascesa della dinastia fiorentina. Un tempo disponibile su Netflix, oggi non compare più sulle principali piattaforme globali. In Italia resta accessibile solo su RaiPlay, mentre su Amazon Prime può essere acquistata episodio per episodio. Una situazione che riflette la nuova realtà: contenuti dispersi, accesso limitato e il timore che persino le librerie digitali acquistate possano essere cancellate.
Il nodo centrale non è solo economico. Gli abbonamenti sono diventati più cari: in Svezia, ad esempio, Netflix è passato da 79 corone mensili (circa 7 euro) agli attuali 199 (17 euro). Per avere lo stesso ventaglio di contenuti di dieci anni fa, oggi una famiglia europea può arrivare a spendere fino a 700 euro l’anno, sommando tre o più abbonamenti. Spesso, però, la spesa non basta: molte piattaforme introducono comunque la pubblicità, mentre le restrizioni regionali costringono gli utenti a usare VPN per accedere ai cataloghi completi.
Questa “penuria artificiale” ha riacceso l’interesse per i contenuti non ufficiali. Secondo Muso, società londinese che monitora la pirateria, nel 2023 lo streaming illegale ha rappresentato il 96% della pirateria audiovisiva, con un balzo da 130 miliardi di visite nel 2020 a 216 miliardi nel 2024. In Svezia, un sondaggio ha rilevato che il 25% degli intervistati ha piratato contenuti nell’ultimo anno, soprattutto tra i 15 e i 24 anni.
Gli utenti non cercano tanto il risparmio, quanto la semplicità di accesso. Scaricare file torrent è diventato complicato e rischioso, mentre le piattaforme pirata offrono interfacce simili a quelle legali, seppur invase dalla pubblicità. Come osservava già nel 2011 Gabe Newell, fondatore di Valve: “La pirateria non è una questione di prezzo, è una questione di servizio”.
Il paradosso è che il digitale, nato per abbattere barriere, sta costruendo muri: cataloghi frammentati, licenze temporanee, edizioni limitate. Gli studios, nel tentativo di massimizzare i profitti, hanno creato un sistema che ricorda più un arcipelago frammentato che un oceano libero di contenuti.
Ed è in questo vuoto che la pirateria ha ritrovato spazio, non più come semplice ribellione ma come risposta a un’offerta percepita come incompleta. La lezione, oggi come nel Rinascimento raccontato dai Medici, resta quella dell’accesso e della fiducia: se l’industria non la recupererà, rischia di perdere di nuovo il controllo del mare digitale.
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