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Quando il mare canta: l’installazione che rivela l’acidificazione degli oceani

Dietro l’opera c’è l’allarme degli scienziati: oceani sempre più acidi e tecnologie OAE tra promesse e rischi

Quando il mare canta: l’installazione che rivela l’acidificazione degli oceani

Un crepitio che sale dal fondale, tra coralli e pesci che si nascondono. È il suono registrato dall’artista italiano Marco Barotti, che ha trasformato dati scientifici sulla salute marina in una partitura sonora: l’opera Coral Sonic Resilience. Presentata con sensori in ceramica che catturano informazioni dal mare e poi tradotte in suoni attraverso un programma di Intelligenza Artificiale, l’installazione ha ricevuto una menzione d’onore allo S+T+ARTS Prize 2025, il premio europeo dedicato ai progetti tra arte, scienza e tecnologia.

Il lavoro racconta coralli che hanno ritrovato la salute, ma la musica cambierebbe se i sensori venissero spostati in zone colpite dall’acidificazione. È un fenomeno ormai globale: tra il 1950 e il 2020 il pH degli oceani è sceso da 8.15 a 8.05, il livello più basso da 300 milioni di anni. Una variazione di appena 0,1 equivale a un incremento del 26% degli ioni di idrogeno nell’acqua, con conseguenze pesanti per coralli, molluschi e l’intera catena alimentare marina.

Per contrastare il problema, la ricerca guarda alla bio-ingegneria con le tecniche di Ocean Alkalinity Enhancement (OAE). Due le strade principali:

  • rilascio di minerali alcalini lungo le coste, che replicano il ciclo naturale silicio-carbonio intrappolando CO2;

  • procedimenti elettrochimici come l’elettrodialisi, in grado di ripristinare il pH direttamente negli impianti di trattamento delle acque.

Ma i rischi non mancano: dalla “precipitazione” di sali dannosi alla difficoltà di controllare un eccesso alcalino. Non a caso, in Cornovaglia, gli esperimenti della canadese Planetary Technologies sono stati bloccati per le proteste legate alla tutela delle foche.

Le aziende hi-tech e aeronautiche spingono forte su questi progetti, anche grazie al mercato in crescita dei carbon credits, che ha già raggiunto i 2 miliardi di euro e potrebbe toccare i 30 nei prossimi cinque anni. Operazioni come l’accordo tra Ebb Carbon e Microsoft, che punta a rimuovere 350 mila tonnellate di CO2 dagli oceani in dieci anni, mostrano il potenziale economico del settore. Ma molti scienziati avvertono: mantenere l’equilibrio chimico del mare non è così semplice.

Non solo tecnologia: c’è chi punta a soluzioni “dolci”, come ridurre le emissioni e ripristinare sistemi naturali. La Posidonia oceanica, ad esempio, può aumentare il pH del mare di 0,15 unità e proteggere i ricci marini. Nel Mediterraneo, attorno a Ischia, i camini vulcanici naturali sono studiati dall’Università La Sapienza di Roma e dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli per capire come reagiranno gli ecosistemi futuri.

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