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Cucina piemontese
14 Settembre 2025 - 19:30
Nel 1883 lo scrittore Edmondo De Amicis, dopo averlo assaggiato, scrisse che il Genepì sarebbe stato in grado di far “digerire persino una bomba lessa”. Non è un caso: questo celebre distillato di montagna ha conquistato fama per le sue molteplici virtù, tanto da essere considerato fin dall’antichità un vero e proprio rimedio naturale, capace di agire come digestivo, antinfiammatorio, tonico e persino afrodisiaco.
Il termine genepì deriva dal francese e indica genericamente le erbe aromatiche d’alta quota. La specie più rinomata per la produzione del liquore è l’Artemisia genepi, detta comunemente “genepì maschio”. Questa varietà si distingue per il profumo intenso e per i fiori raccolti in spighe compatte dal colore grigio-giallo. Ricca di principi attivi, è apprezzata soprattutto per i benefici sul sistema digerente.
L’origine del nome è contesa: secondo alcuni proviene dal greco artémes (“sano”), altri lo collegano alla dea Artemide, protettrice dei boschi e degli animali selvatici. Non solo gli uomini, infatti, ma anche i camosci conoscono bene questa pianta e la brucano per guarire da diversi disturbi.
Il Genepì è parente stretto di un’altra erba leggendaria, l’assenzio (Artemisia absinthium), anch’essa nota da secoli per le proprietà medicinali.
L’uso intensivo della pianta a partire dal XVIII secolo, quando veniva impiegata in infusi, unguenti e liquori, ha portato quasi alla sua scomparsa. Crescendo in condizioni estreme – tra rocce e ghiacciai fino a 3.000 metri di quota – il Genepì è stato progressivamente raccolto in modo eccessivo. Per questo oggi è considerato una specie protetta.
Il liquore che troviamo sul mercato non proviene più dalla raccolta spontanea, ma da coltivazioni in quota (tra i 1.900 e i 2.000 metri), distribuite lungo l’intero arco alpino.
Attorno al Genepì sono fiorite numerose leggende popolari. Un antico detto del Vallese recita che “fa bene alla signora quando lo beve il signore”, alludendo alle sue presunte doti afrodisiache.
Nella letteratura non mancano riferimenti curiosi: Rousseau, nelle Confessioni, racconta la tragica vicenda di un giardiniere morto di pleurite proprio dopo una raccolta di Genepì, mentre il botanico Carlo Allioni nel 1755 lo descrisse come rimedio efficace per favorire la sudorazione e curare diversi malanni.
Il Genepì può essere apprezzato in molti modi:
Liscio come digestivo naturale.
Fresco, con ghiaccio o acqua frizzante, per una bevanda dissetante.
Caldo, sotto forma di grog, per un effetto rinvigorente.
In mixology, come ingrediente unico per cocktail pre e post cena.
In cucina, per insaporire primi piatti e dessert.
Il Genepì è molto più di un liquore: è un frammento di cultura alpina, una tradizione che unisce natura, storia e gusto.
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