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Dai Paninari alla Gen Z

La moda non li incanta più: i Millennials scelgono sconti e second hand (ma con Armani)

Ecco come il loro modo di vestirsi racconta nuove priorità di vita

La moda non li incanta più: i Millennials scelgono sconti e second hand (ma con Armani)

Secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca (Gruppo Pambianco), nel 2024 i Millennials hanno speso in media 750 euro a testa in abbigliamento, accessori e calzature. Ma dietro le cifre si nasconde un racconto ben più complesso: quello di una generazione che vive la moda con pragmatismo, disincanto e una costante ricerca di equilibrio tra qualità, prezzo e identità.

Un tempo erano i Paninari (anni '80) fra Moncler e Timberland a dettare le regole di uno stile fatto di marchi, di etichette (quando non si diceva ancora "brand"), di centinaia di migliaia di lire spesi per il guardaroba. E se dark, new romantic e punk (quelli che seguono lo stile Clash, almeno) sono rimasti più o meno fedeli, la moda spendi & getta degli anni '80 è stata in seguito rimpiazzata da stili più "consapevoli", che rifiutavano il lusso, magari con il grunge portato avanti dalla scena musicale. Ma oggi cos'è che detta la linea nella moda?

I Millennials sono cresciuti con l’online e le grandi catene, e oggi privilegiano marketplace digitali, store “brick & click” e outlet. Sono “smart shopper”: il 64% possiede carte fedeltà, pronti a sfruttare sconti e promozioni per sé e la famiglia. La caccia all’affare non è solo sport, è strategia economica in un’epoca di inflazione persistente.

Se la Gen Z si muove sulla sostenibilità come bandiera identitaria, i Millennials ci credono ma non si lasciano abbindolare. Il 46% dichiara di prestare sempre più attenzione alle scelte green, ma senza pagare un sovrapprezzo. La loro posizione è netta: la responsabilità ecologica non può scaricarsi sui consumatori. Così anche il second hand viene letto soprattutto come risparmio, e solo in seconda battuta come gesto etico.

E i brand? Qui i Millennials parlano un linguaggio internazionale: Zara è regina per le donne, Guess resiste, mentre gli uomini guardano a Tommy Hilfiger, Levi’s, Nike e Adidas. Armani Exchange resta tra i pochi marchi italiani capaci di contendere il podio, ma il “made in Italy” non è una priorità: conta lo stile, conta il prezzo, conta la durata.

Un dato che colpisce arriva proprio dalle aspettative: “I Millennials chiedono prodotti di qualità migliore a un prezzo corretto”, spiega Alessandra Mengoli, partner di Sita Ricerca, in un articolo sul sito Panbianconews -. Hanno visto tessuti perdere consistenza e colori svanire troppo in fretta, mentre i prezzi salivano. Ora chiedono vestiti che respirino, che resistano, che non siano usa e getta. In altre parole, chiedono un’industria capace di abbracciare davvero l’economia circolare, andando oltre lo slogan.

Il “Fashion Consumer Panel” ci mostra così una generazione sospesa: meno idealista della Gen Z, meno legata al lusso dei Boomers, ma determinata a non pagare per un racconto che non convince. Sono consumatori esigenti, attenti al valore, pronti a premiare chi saprà dare risposte concrete. E la moda, oggi più che mai, non può permettersi di ignorarli.

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