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Panorama Gen Z

Raccontare il cambiamento: a Malta i giovani europei imparano lo storytelling digitale

A Marsaxlokk trenta adolescenti Erasmus+ sperimentano lo storytelling digitale con Oasi Giovani e Projekta Malta

Raccontare il cambiamento: a Marsaxlokk i giovani europei imparano lo storytelling digitale

Quanti anni servono per raccontare il cambiamento? A volte ne bastano diciassette. Anzi, tra i 15 e i 17, se a farlo sono ragazze e ragazzi che scelgono di mettersi alla prova fuori dalla propria comfort zone, in un altro Paese, con coetanei che parlano lingue diverse e abitano ecosistemi digitali spesso lontani tra loro. È accaduto nei giorni scorsi a Marsaxlokk, piccolo villaggio di pescatori nel sud di Malta, dove trenta giovani provenienti da Italia, Malta, Spagna, Slovacchia ed Estonia si sono ritrovati per lo scambio giovanile Erasmus+ “Digital Storytelling for Positive Change”, coordinato dall’organizzazione maltese “Projekta Malta”. Un titolo programmatico che diventa manifesto: raccontare per orientare, narrare per incidere.

UN VILLAGGIO DI PESCATORI, UN LABORATORIO DI FUTURO
Marsaxlokk, con le sue barche multicolori e il ritmo misurato di una comunità marinara, non è solo una cartolina mediterranea. In questo caso è stato un dispositivo narrativo: l’ambiente che accoglie e stimola l’attenzione, la cornice in cui i partecipanti hanno potuto fare ciò che ogni narratore deve saper fare, osservare. Ospitati in un centro giovanile, i ragazzi e le ragazze hanno lavorato a stretto contatto, scoprendo che uno storytelling digitale credibile nasce dall’incontro tra luogo, sguardo e responsabilità. A rappresentare l’Italia c’era anche un gruppo del piemonte  Progetto Oceano di Oasi Giovani, accompagnato da Marco Caglieri, educatore e referente progetti europei di Oasi, e da Jacopo Barbero, educatore che presto entrerà stabilmente a far parte del team educativo di “Oceano”. Nomi e ruoli che contano, perché ricordano quanto sia determinante la guida adulta quando si attraversano temi complessi come la comunicazione online e le sue conseguenze.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA: LA GRAMMATICA DEL RACCONTO DIGITALE
Cosa significa oggi “raccontare” in rete? Tra piattaforme che premiano la velocità e commentari istantanei che possono trasformarsi in tribunali, la differenza la fanno le competenze. I laboratori affrontati durante la settimana maltese hanno lavorato proprio su questo: creazione consapevole di contenuti, potere delle opinioni online, responsabilità individuale nel comunicare, importanza di raccontare il cambiamento in modo autentico e costruttivo. Non slogan, ma strumenti. “Ogni gruppo – racconta Marco Caglieri al Corriere di Alba, Bra, Langhe e Roero – ha portato esempi dal proprio Paese, condividendo buone pratiche e criticità dei media digitali.” È un dettaglio significativo: riportare “casi” concreti, tradurre in esperienze ciò che spesso si consuma come teoria, è il primo passo per spostare il baricentro dalla retorica della partecipazione alla sua pratica. Così come lo è la possibilità di “sperimentare strumenti professionali di produzione video, come microfoni e software di montaggio”. L’alfabeto della comunicazione passa per la cura del suono e del ritmo, per l’editing che non è trucco ma responsabilità: scegliere cosa tenere e cosa scartare, come mostrare e come spiegare.

I giovani piemontesi a Malta (foto da Il Corriere di Alba, Bra, Langhe e Roero)


VOCI EUROPEE, UN LESSICO COMUNE
Che cosa ci si porta a casa da un incontro tra italiani, maltesi, spagnoli, slovacchi ed estoni? Prima di tutto, la constatazione che le differenze culturali non sono un ostacolo, ma un carburante per storie più ricche. Condividere buone pratiche significa misurare comportamenti, ma soprattutto rendersi conto che certe fragilità – dalla superficialità virale alla pressione del giudizio – non hanno passaporto. E che a ogni criticità si può rispondere con una contro-narrazione: la lentezza di un’intervista ben preparata, la precisione di un’inquadratura pensata, la verifica di una fonte prima di rilanciarla. “Il clima generale – aggiunge Caglieri – è stato propositivo e costruttivo. Iniziative come questa rappresentano occasioni per offrire opportunità gratuite di crescita personale, culturale e sociale a giovani che altrimenti non avrebbero accesso a contesti internazionali di questo tipo.” È qui che il progetto tocca la sua ragione profonda: l’accessibilità. Offrire spazi gratuiti di apprendimento e scambio significa agire sull’equità, allargando il perimetro di chi può permettersi di provare, sbagliare, migliorare.

LA VALLETTA: UN GIORNO PER ALLENARE LO SGUARDO
Il percorso si è arricchito di una giornata a La Valletta, con un laboratorio dedicato alla “digital education” e all’uso consapevole delle tecnologie. Non è solo una parentesi turistica: è un passaggio di metodo. Cambiare scenario, attraversare una capitale con il suo tessuto di storia e di segni, significa ricalibrare la percezione e imparare a contestualizzare. La “digital education” diventa così un esercizio situato, che mette in relazione lo schermo con il mondo, la timeline con la linea delle strade.

DAL LIKE AL LEGAME: L’EFFETTO TRASFORMATIVO DELLO STORYTELLING
Può uno scambio giovanile cambiare il modo in cui abitiamo la rete? La risposta sta nei gesti minimi: nel ragazzo che impara a usare un microfono non per “suonare più forte”, ma per ascoltare meglio; nella ragazza che capisce che un montaggio onesto vale più di un effetto speciale. Lo storytelling digitale, se concepito come pratica di responsabilità, sottrae attenzione alla febbre del like e la restituisce al legame con chi guarda e ascolta. Raccontare il cambiamento, allora, non è fotografarlo a distanza: è entrarci dentro, nominarne le contraddizioni, riconoscere errori e possibilità. C’è poi un aspetto spesso sottovalutato: la restituzione. Quando “Ogni gruppo… ha portato esempi dal proprio Paese”, non ha solo scambiato contenuti: ha testato un lessico comune, una grammatica transnazionale del racconto che permette di tradurre sensibilità diverse in un discorso comprensibile. In tempi in cui le opinioni online si moltiplicano come onde in una risacca, ciò che serve è imparare a “tenere il timone”: scegliere parole, immagini e suoni che non cavalchino l’onda, ma la attraversino.

UN INVESTIMENTO IN CITTADINANZA CULTURALE
Che cosa resta dopo la settimana maltese? Non un prodotto preconfezionato, ma un metodo: attenzione alla qualità, consapevolezza delle conseguenze, fiducia nella collaborazione. La presenza del Progetto Oceano di Oasi Giovani e l’accompagnamento di figure educative come Marco Caglieri e Jacopo Barbero indicano una strada: i progetti che funzionano si costruiscono nel tempo, con una filiera educativa che sappia unire competenza tecnica e cura delle relazioni. In questo senso, “Digital Storytelling for Positive Change” è più di un titolo: è un invito a un’etica del racconto. Se il potere delle opinioni online è reale, altrettanto reale è la responsabilità di chi scrive, monta, pubblica. Raccontare in modo autentico e costruttivo non significa addolcire la realtà, ma sceglierne l’angolo più onesto. E quando questo esercizio accade in un contesto internazionale, gratuito e guidato, in un luogo come Marsaxlokk e con una tappa a La Valletta, ciò che si produce non è solo contenuto: è cittadinanza culturale.

IL VALORE DI UN INCONTRO
La domanda, alla fine, è semplice: a cosa serve tutto questo? Serve a dotare una generazione di strumenti per non farsi travolgere dal rumore. Serve a ricordare che dietro ogni video, ogni post, ogni commento ci sono mani, occhi, responsabilità. E serve a ribadire che l’Europa dei giovani esiste nei dettagli: in una stanza condivisa di un centro giovanile, in una discussione che attraversa cinque lingue, in un microfono passato di mano in mano. È lì che il cambiamento prende voce, trova ritmo, diventa racconto.

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