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Business & Corruzione

Roulette e soldi sporchi al Casinò di Saint Vincent: fra i 33 indagati spunta Spinelli. Ecco come funzionava

Sequestri per 5 milioni di euro, il giro di fatture false per riciclare denaro è partito da imprese torinesi

il “sistema Saint-Vincent”: fiches al posto di fatture, 33 indagati e il nome di Aldo Spinelli

Bufera sul Casinò di Saint Vincent e una maxi inchiesta giudiziaria che si allarga dalla Valle d'Aosta alla provincia di Torino, coinvolgendo imprenditori, politica, dipendenti del casinò e nomi noti come quello di Aldo Spinelli, ex patron del Genoa e del Livorno. Ecco cosa sappiamo. 

La scintilla all'Hotel de Paris
Secondo gli atti d’indagine, tutto si accende con una frase pronunciata al Casinò di Saint-Vincent: “Abbiamo del cash… Mi date delle fiches?”. A chiederlo si sarebbe presentato Aldo Spinelli, 84 anni, imprenditore già finito al centro del caso Toti in Liguria, dove si indaga per corruzione. Il denaro, ha spiegato lui stesso, sarebbe stato custodito nella cassaforte dell’Hotel de Paris. Un dettaglio che, per gli inquirenti, non è folklore: è il punto d’ingresso in un sistema capace di trasformare contanti in fiches e quindi in denaro “ripulito”.



L’indagine: 33 indagati e 5 milioni sotto sequestro
La Guardia di finanza di Aosta ha eseguito sequestri per circa 5 milioni di euro e notificato avvisi a 33 indagati con ipotesi di reato che vanno dall’associazione a delinquere al riciclaggio, fino alla corruzione di incaricato di pubblico servizio. Il terremoto è arrivato fino al Consiglio regionale valdostano: seduta sospesa per un quarto d’ora, il presidente Renzo Testolin ha informato i capigruppo e poi l’aula, ribadendo i limiti imposti dal segreto investigativo su un’inchiesta che appare complessa e ramificata. La Regione è infatti azionista al 99% della Casinò de la Vallée Spa.



Il meccanismo: la "lavatrice" al tavolo verde
Nell’ipotesi accusatoria, il casinò sarebbe diventato l’ultima tappa di un circuito alimentato da fatture inesistenti per oltre 3 milioni di euro. Il copione, secondo la Procura, era sempre lo stesso: denaro prelevato in contanti, convertito in fiches con l’aiuto di due dipendenti infedeli, qualche puntata simbolica e poi il cambio in contanti o in bonifico come se si trattasse di vincite. Gli atti indicano due funzionari interni: Augusto Chasseur Vaser, 51 anni, che avrebbe incassato mazzette da 500 euro per “dimenticanze” provvidenziali, e Cristiano Sblendorio, 59 anni, direttore marketing, che avrebbe ostacolato un provvedimento di divieto d’accesso a un presunto corriere di contanti. La notte tra il 10 e l’11 agosto 2024, Spinelli - accompagnato da Caterina Morgia - si sarebbe fatto cambiare 85mila euro, lasciando, stando alle carte, una “mancia” da mille euro a testa ai due.



Il nodo piemontese delle fatture
Il centro operativo, spiegano gli investigatori, sarebbe partito dal Piemonte. Tre società dei materiali ferrosi - Rigenera Italia di Tronzano Vercellese, Italfibre srl di Moncalieri, Metalfer srl di Volpiano - sarebbero state usate come snodi per far circolare fatture inesistenti. Nomi e ruoli citati negli atti: per Rigenera Italia l’amministratore di fatto Mariano Rossi (residente a San Mauro Torinese); per Italfibre il legale rappresentante Eligio Boscaro (residente a Vinovo); per Metalfer Riccardo Castagna (residente a Moncalieri). Secondo l’accusa, questi tasselli consentivano di generare flussi da reimmettere “puliti” attraverso la casa da gioco valdostana.

La scena e il contesto
I pagamenti ufficiali correvano sui conti, ma il denaro vero - secondo l’impianto accusatorio - prendeva la scorciatoia del contante: arrivava in buste, diventava fiches grazie a complicità interne, usciva come “vincita”. “Les jeux sont faits”, verrebbe da dire. Ma qui il gioco, per gli inquirenti, era truccato a monte. 

Soldi che arrivavano da conti in Lituania e poi, in contanti, venivano affidati ai "ragazzi", ossia ai corrieri che andavano al Casinò e si facevano cambiare il tutto in fiches da giocare, o almeno fingere di giocare: le fiche venivano nuovamente cambiate in denaro "pulito", al netto di robuste mance o regali ai funzionari compiacenti.

Le telecamere piazzate dagli investigatori hanno ripreso uno dei corrieri estrarre 220.000 euro in un colpo solo da uno zainetto; un altro, in due tranche, ha lasciato giùquasi un milione di euro. Dipendenti del Casinò sono state intercettate a parlare del "sistema collaudato" - come lo definisce il Gip nell'ordinanza di sequestro -, quindi ben consapevoli di cosa facevano i due funzionari indagati. "Fanno finta di giocare, cambiano i soldi" diceva una delle dipendenti. Cui una collega rispondeva "Non è che ci accusano di riciclaggio?". E la concusione era questa: "Saint Vincent non è un casinò... Questo fa, lo sai"

Politica, garantismo e prossimi passi
Lo stop in Consiglio regionale segnala la sensibilità del dossier. Testolin ha riferito senza entrare nel merito, mentre la Guardia di Finanza continua a passare al setaccio conti e società. Resta ferma la presunzione di innocenza per tutti gli indagati: accuse e ricostruzioni dovranno trovare riscontro nelle aule di giustizia. La fotografia che emerge dagli atti è quella di una “società cartiera” capace di produrre fatture come merce seriale e di una casa da gioco trasformata, per alcuni, in una lavanderia di contanti. Un mosaico ancora in composizione, che non può però non coinvolgere la Regione azionista (l'altro azionista, con lo 0,4%, è il Comune di Saint Vincent).

Il bilancio del Casinò
La Casinò de la Vallée, secondo gli ultimi bilanci disponibili, ha fatto registrare introiti lordi per 73,3 milioni di euro (per un valore della produzione di 81,89 milioni, con un aumento di 6,4 milioni rispetto all'anno prima) e utili netti per 16 milioni e 410.000 euro. Nel 2025, - bilancio ancora da chiudere e approvare, gli introiti lordi hanno superato i 67 milioni di euro. Mentre novembre ha registrato un calo del 6,6% ma un aumento degli ingressi. 

Una macchina da soldi su cui, però, ora si concentra l'attenzione della Procura. Già anni fa, il Casinò - inaugurato nel 1947 - era finito al centro di una inchiesta sempre della Guardia di Finanza e della Corte dei Conti sui maxi-finaziamenti pubblici per 140 milioni ricevuti dalla Regione autonoma: erano stati sequestrati i beni di 21 consiglieri ed ex consiglieri regionali, tra cui l'ex presidente Augusto Rollandin. Nel 2018, il Casinò aveva un buco in bilancio di 21 milioni di euro, tanto che la Procura ne aveva chiesto il fallimento. Rinato con la nuova società, il Casinò si è rapidamente ripreso, arrivando ai bilanci più che positivi di questi ultimi mesi. Ora, l'unico commento dalla società è una breve nota in cui si dichiara che "Ci riserviamo di agire legalmente verso chi ha operato in modo fraudolento e sleale, al fine di ottenere i conseguenti risarcimenti economici e morali".  

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