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Lutto
29 Ottobre 2025 - 09:05
Ieri è scomparso Mimmo Jodice, uno dei più grandi fotografi italiani, all’età di 91 anni. Nato a Napoli nel 1934, Jodice ha attraversato oltre cinquant’anni di sperimentazione visiva, trasformando la fotografia in un mezzo poetico e meditativo. Le sue immagini, spesso in bianco e nero, giocano con la luce e l’ombra, trasformando lo spazio e il tempo in riflessione.
La sua poetica ruotava attorno a concetti come l’enigma della luce, l’assenza come soggetto e la memoria dei luoghi: Napoli, Trieste e il Mediterraneo erano scenari in cui ricreava visioni sospese e metafisiche. Nelle sue opere la camera oscura non era solo tecnica, ma laboratorio di introspezione, dove ogni immagine veniva trasformata in simbolo e pensiero. Jodice ha saputo coniugare rigore tecnico e libertà espressiva, facendo della fotografia uno strumento per vedere “bene” e per evocare emozioni profonde.
Ecco i 10 punti chiave per conoscere l’opera di Mimmo Jodice:
L’enigma della luce – La luce non è solo un mezzo per rendere visibile ciò che è davanti all’obiettivo, ma una sostanza poetica e spirituale. Il chiaroscuro diventa linguaggio espressivo: l’ombra non è mancanza, la luce non è esposizione, ma rivelazione.
Sperimentazione e camera oscura – La camera oscura diventa il suo laboratorio interiore, dove smonta e ricompone la realtà secondo una logica poetica. Manipola negativi, sovrappone immagini e reinventa il bianco e nero, mostrando come la fotografia possa essere meditazione e filosofia visiva.
Napoli – La città natale è al centro della sua poetica. Dalle tradizioni religiose popolari a episodi drammatici come l’epidemia del colera, Jodice racconta Napoli attraverso emozioni dense e partecipazione, trasformando la città in spazio di riflessione sulla memoria e sulle stratificazioni storiche.
L’assenza come soggetto – Gli spazi vuoti diventano pieni di silenzio e memoria, invitando lo spettatore a riempire i vuoti con la propria esperienza. Evoca la pittura metafisica e il teatro dell’assenza.
Trieste e la memoria dei luoghi – Nei progetti su Trieste, come il Museo Winckelmann e la Risiera di San Sabba, Jodice restituisce un legame emotivo con la storia. Fotografa statue antiche e spazi drammatici, usando la luce per creare una dimensione atemporale e favorire il raccoglimento e la riflessione.
Il Mediterraneo e il tempo sospeso – Il Mediterraneo è spazio dell’anima e teatro di memorie collettive. Le sue fotografie immortalano statue antiche e paesaggi storici, evocando l’eternità e trasformando il mare in testimone silenzioso di miti, guerre, arte e spiritualità.
La natura tra spaesamento e inquietudine – Nei lavori più recenti, la natura diventa simbolica e inquietante. Paesaggi misti a elementi architettonici o oggetti quotidiani suggeriscono alienazione e perdita, ma anche una bellezza struggente e poesia.
Le città del mondo – Oltre Napoli, Jodice ha fotografato Roma, Venezia, Boston e Montreal, con uno sguardo introspettivo. Le architetture, le geometrie urbane e i vuoti diventano specchi dell’interiorità, spazi sospesi e metafisici.
Influenza del linguaggio pittorico – La sua fotografia dialoga con la pittura metafisica di de Chirico. Composizioni, simmetrie, fughe architettoniche e vuoti dominanti creano equilibrio e senso di mistero, trasformando anche soggetti semplici in visioni profonde.
Contributo alla fotografia – Jodice ha trasformato l’immagine in strumento di conoscenza e meditazione. Ogni scatto contiene una filosofia, trasformando il quotidiano in eterno e la materia in simbolo. La sua capacità di coniugare innovazione tecnica e raffinatezza classica lo rende un punto di riferimento per le nuove generazioni.
La mostra “Mimmo Jodice. L’enigma della luce”, al Castello di Udine fino al 4 novembre 2025, celebra la sua visione senza tempo e la capacità di far dialogare memoria, arte e emozione.
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