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Storie da raccontare

L'orologio che fermò il tempo sul Titanic (e perché c'entrano Jack e Rose) all'asta per un milione di sterline

La vera storia di Isidor Straus e Ida sulla nave simbolo del progresso e della sfida alla natura

il tempo fermo del Titanic: l'orologio di Isidor Straus e la nostra ossessione

Se il tempo potesse parlare, che cosa racconterebbe quando si arresta a 2,20? Sul quadrante di un orologio d’oro, fermo nel gelo dell’Atlantico, si legge l’ora in cui un’epoca intera ebbe fine. È l’orologio da tasca di Isidor Straus, uno dei passeggeri di prima classe del Titanic, destinato ora a tornare alla luce in un’asta che promette cifre a sei zeri. Un milione di sterline per un oggetto che non misura più i minuti, ma custodisce una storia: quella di un uomo arrivato a Ellis Island da povero ebreo di origine tedesca e divenuto, a New York, proprietario con la moglie Ida di Macy’s, i grandi magazzini che nel 1902, a Herald Square, nel cuore di Manhattan, coprivano un intero isolato ed erano il negozio più grande del mondo. Ma anche una storia d'amore da Premio Oscar, che si intreccia con i volti di Kate Winslet e Leonardo Di Caprio, con un abbraccio mentre l'acqua sale...

È il prezzo della memoria? O la prova che alcune vicende diventano, loro malgrado, un mito da tramandare e da acquistare?

Un tempo sospeso a 2.20
L’orologio Jules Jurgensen in oro 18 carati, inciso con le iniziali e donato a Isidor da Ida, fu recuperato sul suo corpo, insieme ad altri effetti personali, dopo la notte in cui la nave urtò l’iceberg il 14 aprile del 1912. La lancetta si fermò alle 2.20, come se il meccanismo avesse interiorizzato lo shock del metallo contro il destino. Restituito alla famiglia, è passato di generazione in generazione, testimonianza materiale di una biografia che incrocia il grande racconto dell’America: un Paese che, allora, sembrava davvero un’opportunità per tutti, dove la “ricerca della felicità” non era soltanto un motto scolpito nella memoria civica. Oggi quel tempo sospeso torna sulla ribalta. Il 22 novembre, presso la casa d’aste Henry Aldridge & Son nel Wiltshire, in Inghilterra, il cimelio verrà offerto ai collezionisti con una stima che sfiora il milione di sterline. È la misura della “fame” di Titanic che attraversa i decenni, fra oggetti, racconti e immagini che continuano a parlarci.



Il mito degli Straus: amore, leggenda, memoria
Isidor e Ida erano una coppia celebre a New York. La loro fine condivisa nel naufragio li ha resi immortali. James Cameron, nel finale del suo Titanic, ha scolpito nell’immaginario una coppia di anziani che si abbracciano mentre l’acqua sale: non è un caso, sono loro. Ma quanto c’è di vero e quanto di leggenda?

A Ida venne offerto un posto su una scialuppa destinata alle donne. Lei lo rifiutò, con parole che sembrano scolpite nel marmo: «Abbiamo vissuto insieme tutti questi anni, dove vai tu vado anche io». Un ufficiale, colpito dall’età di Isidor, gli cedette il proprio posto. Anche lui rifiutò. La stessa leggenda racconta che Ida consegnò la sua costosa pelliccia alla cameriera, per ripararla dal gelo: quella giovane si sarebbe salvata; il corpo di Ida, invece, non fu mai ritrovato.

Forse sono solo leggende. Eppure che importa? Cos'è la storia fra Rose/Kate Winslet e Jack/Leonardo Di Caprio se non un simbolo? Un racconto universale o un elemento mitologico, di quella mitologia del racconto? Come lo stesso Titanic, l'inaffondabile, la nave più grande, più bella, più lussuosa. Il Titanic, per sua natura, ha catalizzato la necessità di simboli. Il culto della velocità e dell'elettricità, delle onde radio che poi si mutano in ticchettio disperato: SOS, SOS, SOS, che la nave più vicina non capta. E l'acqua gelida sale.

Le lettere dal transatlantico: la voce di Ida
All’asta andrà anche una lettera, con una stima di 150mila sterline. Ida la scrisse a bordo, su carta intestata “On board R.M.S. Titanic”, affrancata nell’ufficio postale della nave con il timbro “TransAtlantic7” e consegnata alla posta a Queenstown, in Irlanda, prima dell’oceano aperto. «Che nave! Così grande e così magnificamente arredata. Le nostre camere sono arredate con il miglior giusto e nel modo più lussuoso. E sono vere stanze, non cabine!». In poche righe vibra l’emozione dell’età del trionfo, quando il transatlantico condensava la potenza di un mondo intero. Quella carta, più ancora dell’oro, mette i brividi: è la prova viva di una normalità vigile, di un viaggio cominciato con l’euforia del primato. Leggerla oggi è come ascoltare la voce di Ida tra i corridoi lucenti, un attimo prima che la storia virasse verso il gelo.

Aste, cimeli e la fame di senso
Gli orologi “vanno forte” tra i cimeli del Titanic. L’anno scorso un altro orologio d’oro da tasca è stato aggiudicato per 1,5 milioni di sterline: quello donato da alcune vedove a Sir Arthur Rostron, il capitano della Carpathia, il piroscafo che salvò più di 700 sopravvissuti. Quando l’operatore radio raccolse il messaggio «abbiamo urtato un iceberg, venite subito», Sir Arthur invertì la rotta e in meno di due ore era lì. Altrimenti, scrivono i rapporti e suggerisce il buon senso, racconteremmo di altri settecento cadaveri.

Anche l’orologio di John Jacob Astor – J. J. Astor, 47 anni, imprenditore newyorkese – aggiunge un capitolo. Messa al sicuro su una scialuppa la giovane moglie incinta, Madeleine, si fumò un’ultima sigaretta e scomparve con la nave. Il suo orologio, recuperato sul corpo, fu restaurato e indossato per tutta la vita dal figlio Vincent: il tempo come reliquia di un padre, non soltanto un bene di lusso. E poi c’è la custodia del violino di Wallace Hartley, il violinista che con la sua orchestrina di otto elementi continuò a suonare mentre attorno si consumava il disastro. Ripose lo strumento all’ultimo e se lo legò addosso; quando il corpo fu ripescato, la custodia era ancora con lui. Nel 2012 è stata acquistata per 290mila sterline: non una scatola marcita dal sale, ma un frammento dell’immortalità del Titanic.

Che cosa si compra, dunque, quando si compra un cimelio? Non soltanto materia, ma storie: capitoli autonomi o pagine di un unico libro di 2.200 biografie, perché a bordo erano in 2.200. È un’ossessione che ritorna, la stessa che ha spinto cinque milionari a morire nel sottomarino Titan mentre tentavano di raggiungere i tremila metri di fondale dove riposa il relitto. Perché inseguire l’ombra di un colosso? Forse per ascoltare ancora una volta il battito del tempo fermato.

Dal negozio più grande al mondo al fondale dell'Atlantico
La parabola di Isidor Straus sembra scritta per interrogare la nostra idea di progresso. Dal banco degli immigrati di Ellis Island al tempio del consumo di Herald Square, da povero ebreo di origine tedesca a magnate americano: la storia personale diventa allegoria nazionale. Macy’s, nel 1902, era l’emblema di una modernità che sfidava i limiti; il Titanic ne era la versione oceanica.

E la notte del 14 aprile del 1912 quel patto si spezzò nell’acqua nera. Gli orologi misurano, raccontano, scolpiscono. L’oro non è che un veicolo; il valore reale, agli occhi dei collezionisti, è la possibilità di mettere le mani su un frammento del racconto, di possederne una briciola. È giusto? È sbagliato? La memoria collettiva ha sempre avuto i suoi reliquiari; oggi il catalogo d’asta recita il ruolo che fu dei santuari laici.

Che cosa acquistiamo quando acquistiamo un orologio
Il 22 novembre, nel Wiltshire, in Inghilterra, quando il banditore pronuncerà l’ultimo “aggiudicato”, il martelletto non batterà solo su un prezzo, ma su una domanda. Quel Jules Jurgensen d’oro 18 carati, con le iniziali di Isidor e il ricordo di Ida, vale un milione di sterline o vale una storia che non riusciamo a smettere di raccontare? Vale l’eco di un abbraccio intravisto tra le onde, il sussurro di una frase forse mai pronunciata, il riflesso di una pelliccia consegnata alla cameriera che si salvò? Il corpo di Ida non fu mai ritrovato; il suo nome, invece, viaggia ancora, impresso nella carta “On board R.M.S. Titanic”, protetto dal timbro “TransAtlantic7”. In quel quadrante bloccato alle 2.20 c’è tutto: la promessa dell’America e il suo risveglio, la fiducia nel progresso e il gelo dell’Atlantico, la gloria e il fallimento, i sommersi e i salvati. Jack che urla "Sono il re del mondo" e affonda dopo aver messo in salvo Kate su una porta che galleggia tra i relitti (dove ci sarebbero stati entrambi, a voler essere pignoli, ma questa è un'altra storia e non ditelo a Cameron).

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