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Il processo
27 Gennaio 2024 - 07:00
Gli investigatori della polizia stradale avevano battezzato l’indagine “Via della seta”: un riferimento all’origine dell’organizzazione criminale che permetteva a chiunque di prendere la patente. Soprattutto cinesi che non sapevano una parola d’italiano ma riuscivano comunque a passare l’esame scritto grazie a parrucche, telefoni cellulari e auricolari bluetooth.
Ieri, a distanza di oltre cinque anni dai primi episodi accertati, si è finalmente tenuta l’udienza preliminare del processo a carico della banda: delle 104 persone finite alla sbarra, difese, tra gli altri, dagli avvocati Wilmer Perga, Michele Ianniello e Gianluca Visca, alcune hanno patteggiato pene da 4 mesi a 3 anni. Altre hanno chiesto la sospensione del procedimento attraverso la messa alla prova mentre altri sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di associazione a delinquere.
Quindi, nei prossimi mesi, comincerà il processo sulla base delle indagini svolte dalla polizia stradale con il coordinamento del pubblico ministero Elisa Buffa.
Il primo passo risale al 26 novembre 2018, quando gli agenti sono intervenuti nella sala esami della Motorizzazione di Torino: gli esaminatori si erano insospettiti dopo che un candidato cinese aveva chiesto delle cuffie con cui ascoltare le domande del test. Così gli agenti hanno scoperto che era riuscito a passarlo soltanto grazie a una parrucca sotto cui nascondeva un cellulare e il trasmettitore bluetooth.
Così poteva ascoltare le domande lette dal computer, inviarle a un complice fuori e ottenere le relative risposte esatte. Un metodo ingegnoso e complesso, che faceva pensare a un’organizzazione ben strutturata: grazie a tabulati e intercettazioni, infatti, la polizia stradale ha fatto emergere una doppia banda criminale. Composte quasi esclusivamente da cinesi, avevano come obiettivo proprio il conseguimento della patente di guida a loro connazionali a Torino e in altre città italiane: le tariffe variavano in base al “servizio” offerto e potevano arrivare fino a 7mila euro, a seconda che riguardasse solo il test scritto o anche la prova pratica.
Poi pensava a tutto la banda, che aveva definito compiti ben precisi per ogni membro: c’era Han, che raccoglieva le richieste degli aspiranti e li iscriveva agli esami; un altro riscuoteva i soldi e si occupava delle visite mediche; infine tre complici che si occupavano di consegnare gli strumenti per l’esame e di fornire le risposte esatte durante i test.
Così, a ottobre 2020, sono scattate nove misure cautelari per sette cinesi, un peruviano e un italiano. E, nel frattempo, sono partite le denunce per un totale di 108 persone, accusate di aver truccato 100 esami esatti. E ora sono arrivate anche le prime decisioni del giudice.
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