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14 Aprile 2021 - 08:21
Il telefono squilla nel pomeriggio di martedì, a prendere la chiamata è un dipendente del Giovanni Bosco, pare un infermiere di un reparto. «Gli stacchiamo la spina», dice una voce camuffata. E per “gli” si intende Renzo Tarabella, 83 anni, l’assassino di Rivarolo, che nell’ospedale torinese è ricoverato da sabato notte. Una notte di sangue, follia e disperazione. Con quattro vite spezzate, una famiglia (la sua) disintegrata e un’altra (quella dei padroni di casa) distrutta.
E il bilancio, nella mente del pensionato, doveva essere ancor più pesante. Perché dopo aver fatto fuori la la moglie Maria Grazia Valovatto, 79 anni, il figlio Wilson di 51, disabile psichiatrico, Osvaldo Dighera, 74 anni, e la moglie Liliana Heidempergher, 70, avrebbe atteso con la semiautomatica in pugno l’arrivo della figlia della coppia. Che però, prima di rincasare, ha chiamato i carabinieri, e quando i militari sono arrivati, ha provato a chiudere la faccenda uccidendosi. Con una pallottola che l’ha sfigurato, ma senza ledere organi vitali.
Così, mentre sotto il condominio “Raffaello” in corso Italia si mettevano in fila i carri funebri con i necrofori, lui correva sdraiato su una barella su un’ambulanza a Torino, dove medici l’hanno sottoposto a un delicato intervento chirurgico durato tre ore.
L’operazione è riuscita, Renzo Tarabella - seppur ancora in gravi condizioni - dovrebbe farcela. Sopravvivendo all’orrore che si è lasciato dietro. Dall’immagine di quei corpi stesi in una pozza di sangue che non è stato capace di cancellare quando ha premuto il grilletto contro se stesso.
Qualcuno, adesso, con una telefonata anonima in ospedale, si dice pronto a completare l’opera che il pensionato non è riuscito a fare. Con minacce di morte che non si sa quanto siano attendibili, ma che comunque hanno messo in allerta le forze dell’ordine.
Da martedì sera, il servizio di “piantonamento” è stato rafforzato. Entrare nel reparto in cui è ricoverato Tarabella è praticamente impossibile. E forse si è trattato soltanto di uno scherzo di pessimo gusto. O di qualcuno che magari, letti i giornali o visti i servizi in Tv, è rimasto particolarmente colpito da questa catastrofe umana, per poi alzare il telefono e sfogarsi in una maniera inutile.
La notizia delle minacce, fino a ieri, è stata coperta dal massimo riserbo. Ma stando a quanto trapela, la telefonata pare sia partita da un’area molto vicina all’ospedale. La voce anonima potrebbe presto avere un nome. Ieri intanto il gip di Ivrea, Ombretta Vanini, ha convalidato l’arresto.
La procura, al momento, non ha contestato l’aggravante della premeditazione.
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