l'editoriale
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10 Settembre 2021 - 08:15
Entrare nell’area che un tempo ospitava il parcheggio olimpico continua a essere un gioco da ragazzi. Tutto grazie a transenne abbattute o semplicemente spostate quel tanto che basta per far passare una persona. In via Giordano Bruno non vola una mosca, l’erba e i rifiuti hanno preso piede nell’area di sosta e tra i cimeli di Torino 2006 e le arcate del Moi spicca anche qualche giaciglio appartenuto a un barbone. I varchi sono tanti, si accede con facilità anche da via Zino Zini. E proprio vicino a una pianta si scorge un passaggio che porta dritto alle arcate. Di senzatetto o di disperati neanche l’ombra ma c’è chi giura che sia necessario venire da queste parti di sera per assistere a qualche movimento in più.
RILANCIO FERMO Così in via Giordano Bruno, da 9 anni, si aspetta un rilancio per un’area del quartiere Filadelfia che tanti considerano “maledetta”. Il progetto dei palazzi residenziali è fermo così come l’idea di un bando internazionale per l’assegnazione dei locali liberi delle arcate. «Cercheremo di trovare una soluzione per le arcate del Moi e per il parcheggio olimpico - spiega il vicepresidente della Circoscrizione 8, Massimiliano Miano -, che ad oggi rientra ancora in una cartolarizzazione della Città di Torino con aggiudicazione Gefim». I primi cambiamenti si dovevano vedere già nel lontano 2013, pochi anni dopo la fine del sogno olimpico. Con nuove residenze private al posto dell’ex parcheggio olimpico, proprio a fianco delle arcate abbandonate. Un intervento mai eseguito. A vantaggio di erbacce, incuria, caduta di calcinacci e rifiuti.
IL RIFUGIO E poi c’è un’altra questione mai risolta e forse poco conosciuta. Ossia quella del rifugio antiaereo che si trova in via Giordano Bruno. Per la Circoscrizione 8 è necessario «riaprirlo al pubblico, riqualificandolo e mettendolo in sicurezza». Ma al momento resta in una sorta di limbo. Aggiungendosi agli altri grattacapi. A cominciare dai problemi strutturali del villaggio olimpico, tra crepe e caduta quasi giornaliera di intonaci da balconi e facciate. Un patrimonio costato 140 milioni di euro che oggi annega in un degrado senza fine. E più il tempo passa più la spesa per gli investimenti rischia di aumentare.
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