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La Bela Caplera, avvelenatrice

BelaCaplera
Si chiamava Maria Bel, sposata Ivaldi. Aveva appena 23 anni, ed è passata alla storia come la bella cappellaia (in piemontese, la Bela Caplera). Secondo una tradizione popolare, sarebbe stata la prima vittima della ghigliottina a Torino. Ma è vero? In realtà, no. Molte altri avevano già conosciuto la triste ghigliottina, regalo dei francesi che avevano invaso il Piemonte ormai ex sabaudo.

Maria Bel e il parrucchiere Giuseppe Cavallo erano stati arrestati il 23 luglio 1806 con l’accusa di tentato avvelenamento ai danni di Jacqueline Maggiora, prostituta e “collega” della nostra Bela Caplera. Sì, Maria Bel, in realtà, esercitava il più antico mestiere del mondo; dobbiamo dunque dubitare del soprannome goliardico di “cappellaia” con il quale è passata alla storia, suo malgrado.

Il “giallo” fu presto risolto: Cavallo avrebbe versato del vino in un bicchiere alla vittima, ma in modo inconsapevole. Scagionato dall’accusa di essere complice della Bel, venne rilasciato. Diversamente andò alla Caplera, giudicata colpevole e condannata a morte. Il 28 febbraio 1807 Maria Bel arrivò in piazza Carlina e fu decapitata.

Si dice che, prima di eseguire la sentenza di morte, il boia le chiese di comunicargli se, una volta decapitata, la sua testa soffrisse: gli occhi della povera testa mozzata iniziarono quindi a lacrimare. Una fine avvolta nella leggenda, probabilmente ispirata alla figura di Charlotte Corday, l’assassina di Marat e la più celebre delle vittime femminili della ghigliottina.
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