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01 Marzo 2022 - 07:54
Venti carrelli pieni. Tanto cibo, ma anche coperte e vestiti, medicine, bende e garze. Parte dal Sermig il più grande carico di aiuti per l’Ucraina. Il soccorso, al paese in guerra, arriva dall’Arsenale della pace. E Torino, ancora una volta, è campione di solidarietà. Nel piazzale coperto il cibo va a destra, i vestiti a sinistra. I torinesi lasciano fuori auto, furgoni e bici. E donano. Maurizia scarica tutto da un carrellino. Non trattiene le lacrime: «Penso ai bimbi ucraini. Ho un nipote piccolo e un’altra nipotina che deve nascere. Ho paura che scoppi una guerra mondiale. Putin è un pazzo». E aggiunge: «Ho portato cibo e coperte vecchie che avevo a casa». Arrivano Sergio e Patrizia, marito e moglie, in auto. «Siamo andati al supermercato e comprato pasta, riso e merendine. Noi gente comune - dice Sergio - stiamo facendo più dei governi». Giulia arriva al Sermig in bici. Oltre al cibo, consegna un pacchetto di assorbenti: «Non pensavo che giovani come noi potessero vivere una guerra in Europa. E dopo il Covid, non ce n’era bisogno». Silvia ha raccolto vestiti dai colleghi in azienda: «Ma vedo ancora troppa pigrizia. Bisogna fare di più».
Intanto, con gli aiuti, è stato quasi riempito un tir. Partirà tra una settimana, o forse prima, per Baia Mare, città rumena non lontano dal confine ucraino. «In 48 ore abbiamo raccolto tantissimo, grazie ai torinesi», dice Aurora Sartori, volontaria al Sermig.
Dopo pranzo, tutti marcia verso il Comune. “A piedi per la pace”, recita lo striscione in testa a un corteo di almeno duecento bimbi. Che arrivati a Palazzo Civico leggono messaggi toccanti. «In tv vedo le bombe che distruggono le case dei bimbi ucraini. Mi fa tanto male, vorrei consolarli», dice Sara. «Quando vedo la guerra in Ucraina, dico che sono fortunata ad essere nata qui», così Stella. Dal Comune esce il sindaco Lo Russo. I bimbi gli regalano la bandiera della pace. «Quando i bambini chiedono pace, gli adulti devono interrogarsi. Basta rimanere inermi, ora è tempo di scendere in piazza e chiedere pace», afferma il primo cittadino. «Vogliamo la pace. Le armi e l’odio non devono decidere il destino dei popoli», dichiara Ernesto Olivero, fondatore del Sermig.
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