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Torture e botte ai prigionieri: a processo ventidue agenti

mani carcere

(foto depositphotos)

Verranno processati con l’accusa di tortura i 22 agenti della polizia penitenziaria imputati per avere maltrattato, punito, umiliato, secondo il pm Francesco Pelosi, alcuni detenuti ristretti nei padiglioni B e C (riservati anche a chi ha commesso gravi reati sessuali) del carcere Lorusso e Cutugno di Torino. Lo ha stabilito ieri la gup Maria Francesca Abenavoli, che ha accolto la richiesta della procura di rinviare a giudizio tutti gli indagati che hanno scelto il rito ordinario.

I tre imputati che hanno optato per il rito abbreviato verranno invece giudicati il 31 maggio a porte chiuse, come prevede il rito, e godranno, in caso di condanna, dello sconto di un terzo della pena. Si tratta dell’ex direttore della casa circondariale Domenico Minervini, trasferito e promosso ad altro incarico dopo l’apertura dell’inchiesta, dell’ex comandante della polizia penitenziaria Giovanni Battista Alberotanza, anch’egli trasferito in un altro carcere e di un agente accusato di tortura. Minervini e Alberotanza sono invece imputati di favoreggiamento e omessa denuncia: avrebbero fatto finta di non vedere, secondo la procura, le presunte torture messe in atto per anni nel carcere.

Tra i 22 rinviati a giudizio, ci sono, oltre agli agenti accusati di avere picchiato e insultato, ripetutamente e in maniera continua, detenuti condannati per stupro, pedofilia o altri reati (tra questi anche persone con problemi psichici), anche due sindacalisti dell’Osapp, che risponderanno di rivelazione di segreto e favoreggiamento. Il processo inizierà tra oltre un anno, nel luglio del 2023. E c’è già chi, tra gli avvocati, stima che vi sia un rischio di prescrizione, se mai i giudici dovessero riqualificare il reato di tortura in lesioni. Il rischio è pressoché nullo invece, se la tortura verrà riconosciuta: si tratta di un reato che si prescrive dopo molti anni.

Gli episodi contestati dal pm risalgono al periodo tra il mese di aprile 2017 e la fine di ottobre del 2019.

«La situazione è comunque tuttora critica e complessa – spiega l’avvocato Domenico Peila – anche e soprattutto in relazione al permanere dello stato di detenzione di alcune delle parti offese».

La vita delle persone che hanno denunciato al Garante dei detenuti le presunte violenze subite ogni giorno, e 12 di queste sono costituite parti civili, si ritroverebbero ad interagire ogni giorno con colleghi degli imputati, in un contesto di tensione. Lo stesso pm Francesco Pelosi, durante la requisitoria, aveva evidenziato un “clima di omertà generalizzata” all’interno del Lorusso e Cutugno, non riferendosi alle persone offese.

L’amministrazione penitenziaria (Dap) al processo è stata citata come responsabile civile e non si è a sua volta costituita parte civile.

La procura, dopo la richiesta di rinvio a giudizio dei 25 indagati, continua a indagare su altri episodi di reato, relativi al mondo del carcere torinese, in seguito alla ricezione di altre denunce.

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