Razionamenti, prelievi d’acqua in fiumi e laghi, “svasamento” dei trenta bacini sparsi per il
Piemonte: così la
Regione corre ai ripari per tamponare la crisi idrica. Gli interventi sono stati decisi ieri al termine di una riunione con le associazioni degli agricoltori,
Arpa e gli enti che si occupano d’acqua: «Viviamo una crisi peggiore di quella del 2003 - esordisce il governatore
Alberto Cirio nella conferenza stampa organizzata al termine dell’incontro - Per fare un esempio, il
Po ha il 72% di portata d’acqua in meno del normale. Ma il vero problema è sulle montagne, dove manca la neve per alimentare le sorgenti: è una situazione che, di solito, si registra a fine luglio».
Infatti soffrono di più i comuni montani e pedemontani rispetto alla pianura e a
Torino, che prendono acqua dalle falde sotterranee. Ma ci sono molti centri, come
Chieri e Condove, dove sono già arrivate le autobotti per rifornire i bacini: «170 comuni piemontesi stanno emettendo ordinanze per vietare l’uso di acqua potabile per bagnare i giardini e lavare le auto - prosegue il presidente della Regione - Di questi, 80 sono nel
Torinese. Ma la situazione più critica è a
Novara: lì 10 centri hanno avviato il razionamento, chiudendo i rubinetti di notte».
Ma la situazione peggiorerà ancora: «I prossimi giorni saranno ancora caldi e secchi», non dà speranza
Angelo Robotto, direttore dell’
Arpa. «Al momento siamo al livello d’allerta medio ma lunedì saliremo al livello massimo» aggiunge
Matteo Marnati, assessore all’ambiente e coordinatore del neonato tavolo di crisi sulla siccità (l’ennesimo dopo quelli per
Covid, guerra e peste suina). Ora la
Regione ha chiesto lo stato d’emergenza e lo stato di calamità naturale per i danni subiti dagli agricoltori, i primi a soffrire.
Gabriele Carenini, presidente di Cia, sottolinea «una riduzione del 40% per la frutta estiva e del 50% per mais e soia, già “sotto stress” per via della guerra in
Ucraina».
In concreto, cosa si farà per contrastare gli effetti di questa siccità? «Quando il
Consiglio dei ministri accoglierà le nostre richieste, avremo le risorse per risarcire gli agricoltori - elenca
Cirio - Intanto siamo partiti con i provvedimenti che possiamo avviare come Regione». Il primo è lo “svasamento” dei bacini idroelettrici, cioè abbassare le dighe per far uscire più acqua (come ha già fatto
Iren a Ceresole reale): «Contatteremo tutti i concessionari e avvieremo una trattativa: se accetteranno di svasare un quinto della loro acqua, avremo 15-20 giorni di respiro senza compromettere i trenta bacini sparsi per il
Piemonte. Poi chiederemo di conservare più acqua negli altri periodi dell’anno».
Il secondo intervento riguarda il minimo deflusso vitale dei fiumi. È il livello sotto cui non si può prendere acqua, a tutela degli organismi che ci vivono: «Ieri pomeriggio abbiamo chiesto alle
Province di avviare la procedura per poter andare in deroga e “prelevare” di più». Infine la
Regione, insieme a
Lombardia e Canton Ticino, sta valutando di fare lo stesso anche con i laghi. Per
Roberto Moncalvo, presidente di
Coldiretti, «è un inizio ma non è la soluzione definitiva».
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Le associazioni di categoria chiedono interventi a lungo termine, così come esperti e forze politiche:
Igor Boni, presidente di
Radicali Italiani, si è seduto in mezzo al
Po per rendere evidente la gravità della situazione e sottolineare il rischio che questi problemi si ripetano ogni anno.
Cirio e Marnati assicurano di voler andare oltre l’attuale emergenza: «Finora non abbiamo avuto bisogno di raccogliere l’acqua che arrivava in abbondanza in autunno. Ora dobbiamo cambiare mentalità: sosterremo gli agricoltori che investiranno in vasche di accumulo, come già avviene in altre regioni. Poi, con il
Pnrr, investiamo 100 milioni per ridurre le perdite sulla rete idrica».