Non c’è pace per il carcere torinese dove ormai si passa, senza soluzione di continuità, da una rivolta sedata a fatica all’ennesimo tentativo di suicidio. A porre fine alla ribellione iniziata giovedì sera di una quarantina di reclusi del padiglione A, ieri intorno all’ora di pranzo, sono stati un centinaio di agenti della polizia penitenziaria che, in tenuta antisommossa, hanno fatto irruzione nell’area del carcere in cui i rivoltosi si erano barricati chiedendo di incontrare i giornalisti ai quali illustrare le proprie richieste di una migliore assistenza medica.
Gli agenti, con il flessibile, hanno rimosso le barricate di mobili poste a protezione delle porte di ingresso e poi, con gli estintori, hanno convinto i detenuti ad arrendersi senza opporre resistenza. Per fortuna, non si sono registrati feriti ma il blitz, ordinato dalla direttrice del carcere Cosima Buccoliero in accordo con Procura e dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, avrà comunque delle conseguenze: coloro che sono stati individuati come i “capi” della rivolta, una decina di persone, nelle prossime ore saranno infatti trasferiti in altre strutture italiane.
Ovviamente nel frattempo si individueranno eventuali profili di reato e i relativi responsabili. Ma la soddisfazione per aver risolto il problema senza danni è durata poco. Poco dopo l’ora di pranzo, nel padiglione B, si è infatti registrato un altro tentativo di suicidio, dopo i quattro purtroppo riusciti negli ultimi tre mesi: un detenuto italiano, in carcere per estorsione, ha tentato di impiccarsi in cella. Per fortuna, un agente di polizia penitenziaria pochi minuti prima l’aveva visto piangere e con intuito e prontezza aveva deciso, durante il giro di sorveglianza, di tornare sui propri passi per verificare che tutto fosse a posto. È così arrivato in tempo per fermare il tentativo dell’uomo, dovuto a motivi personali, e affidarlo alle cure dei medici: per fortuna, non è neanche stato necessario il ricovero in ospedale.
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Doppio pericolo scampato quindi ma è quasi inutile ribadire che la situazione nel carcere torinese è ormai insostenibile. Tanto che ieri è arrivata la decisione dei sindacati di polizia penitenziaria che hanno annunciato lo stato di agitazione e l’interruzione delle relazioni sindacali. I rappresentanti di Sappe, Osapp, Uilpa Pp, Sinappe, Uspp, FnsCisl, Fsa Cnpp e Fp Cgil, sottolineano che solo nel carcere di Torino, da gennaio si sono registrate 35 aggressioni e 61 agenti feriti. «Nonostante le richieste di adozione di misure preventive, alcuna direzione ha provveduto in tal senso, lasciando il personale in balia di se stesso. L’assenza di disposizioni operative espone il personale alle rappresaglie fisiche dei detenuti violenti e spesso armati. Alcuni agenti hanno anche rischiato la vita».
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