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PALAZZO CIVICO
05 Giugno 2023 - 17:52
Ad avere diritto al nuovo assegno di inclusione potrebbero essere appena in 6mila
Siamo alle battute finali del reddito di cittadinanza che, dall’inizio del prossimo anno, sarà sostituito dal cosiddetto “assegno di inclusione” per una platea più ristretta di beneficiari rispetto a quella degli ultimi tre anni, già ridotta alle sole persone considerate “non occupabili” tra 19 e 59 anni. A Torino, secondo i calcoli del Comune, quasi due percettori su tre del sussidio rischiano di perderlo. E a preoccupare Palazzo Civico è il fatto che, solo nell’ultimo anno, il bacino dei richiedenti sia aumentato del 3,6%, piazzando Torino al primo posto tra i grandi capoluoghi del nord e centro Italia.

Ad oggi in città risultano, infatti, 26.802 beneficiari e 15.666 famiglie. Dall’inizio del prossimo anno, circa il 60% potrebbe perderne la titolarità, per cui sarebbero appena 6.436 le persone che avranno diritto al nuovo contributo varato dal governo Meloni per contrastare la povertà. In Sala Rossa il “braccio di ferro” politico è solo alle battute iniziali, con almeno quattro partiti di maggioranza (Pd, Demos, Sinistra ecologista e Torino Domani) che chiedono l’introduzione di un «reddito universale» per chi è senza lavoro, prefigurando quasi un’ecatombe sociale, mentre sulla linea del governo si schiera l’opposizione a partire da Fratelli d’Italia che difende la riforma introdotta dal Decreto Lavoro.

«Un elemento di preoccupazione molto forte riguarda le persone senza dimora, sono adulti e alcuni di loro percettori dell'attuale reddito di cittadinanza che era diventato una dote per il reinserimento sociale. E ci sono storie di successo in tal senso» sottolinea l’assessore alle Politiche sociali, Jacopo Rosatelli, commentando la proposta avanzata dai consiglieri Alice Ravinale, Tiziana Ciampolini, Nadia Conticelli e Elena Apollonio, per le quali «la riforma avrà conseguenze drammatiche sulla vita delle persone e sulla tenuta delle nostre comunità». A ribattere è Giovanni Crosetto di Fratelli d’Italia per cui «il reddito di cittadinanza è stata una misura fallimentare e che doveva essere rivista. La riforma del governo Meloni, invece, introduce due nuovi strumenti: un assegno di inclusione per le famiglie al cui interno ci sia almeno una persona che non può lavorare e un supporto per la formazione e lavoro per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro».
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A difendere il provvedimento del governo è anche l'assessore al Lavoro della Regione Piemonte, Elena Chiorino. «Il governo non lascerà indietro nessuno - sottolinea -. Con il Decreto Lavoro, recentemente varato, vengono introdotte misure a sostegno di tutti i cittadini: chi non è nelle condizioni di poter lavorare avrà il giusto sostegno e la necessaria assistenza, ma in tutti gli altri casi chi può lavorare deve farlo senza alibi. Dobbiamo superare il concetto di assistenzialismo puro e indistinto: continuando a sostenere misure orientate in tal senso si rischia di impoverire l’Italia, il suo sistema sociale, economico e produttivo. E si persevera nello stato di povertà senza costruire misure che supportino lavoro e occupazione». Quanto alle preoccupazioni del centrosinistra a riguardo, Chiorino, non fa sconti. «Sarebbe auspicabile che il centrosinistra cominciasse una volta per tutte a preoccuparsi di lavorare insieme al Governo Nazionale a misure attive che facciano il bene vero della collettività e che consentano, ad esempio, di riattivare quell’ascensore sociale capace di risollevare e offrire dignità lavorativa, economica e sociale alle persone che il reddito di cittadinanza non ha prodotto in questi ultimi tre anni».
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